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L’intelligenza artificiale si farà poesia

L’intelligenza artificiale ha reso possibile la prima pubblicazione di poesie scritte da un robot. Il suo nome è “Sunshine Misses Windows” e si basa su associazioni tra immagini e testo.
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L’intelligenza artificiale si farà poesia

L’intelligenza artificiale ha reso possibile la prima pubblicazione di poesie scritte da un robot. Il suo nome è “Sunshine Misses Windows” e si basa su associazioni tra immagini e testo.
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L’intelligenza artificiale si farà poesia

L’intelligenza artificiale ha reso possibile la prima pubblicazione di poesie scritte da un robot. Il suo nome è “Sunshine Misses Windows” e si basa su associazioni tra immagini e testo.
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L’intelligenza artificiale ha reso possibile la prima pubblicazione di poesie scritte da un robot. Il suo nome è “Sunshine Misses Windows” e si basa su associazioni tra immagini e testo.
La poesia, se proprio la si vuole ignominiosamente inquadrare, può essere descrittiva («La nebbia a gl’irti colli / piovigginando sale, / e sotto il maestrale / urla e biancheggia il mar»), evocativa («Così tra questa / immensità s’annega il pensier mio: / e il naufragar m’è dolce in questo mare»), ermetica («M’illumino d’immenso»), epica («Cantami, o Diva, del Pelìde Achille / l’ira funesta») oppure artificiale («Il sole è una cosa bellissima/ in silenzio è disegnato / tra gli alberi / solo l’inizio della luce») perché composta da un’intelligenza artificiale, da una poetessa algoritmica. La prima ad aver scritto una raccolta di poesie è Xiaoice, un’intelligenza artificiale americana ma made in China. È basata sul ‘calcolo emotivo’ (emotional computing framework), si intitola “Sunshine Misses Windows” e fu annunciata come «il primo volume di poesie scritte da un’intelligenza artificiale nella storia dell’umanità». Pubblicato il 19 maggio del 2017 dalla Cheers Publishing, con sede a Pechino, raccoglie 139 poesie delle oltre 10mila prodotte in 2.760 ore. Il volume ha dieci capitoli, ognuno dedicato un’emozione umana come la solitudine, l’attesa o la gioia. Per poter scrivere i suoi versi l’intelligenza artificiale Xiaoice ha dovuto studiare tutte le poesie di 519 poeti dagli anni Venti in poi. La tecnica per far nascere un’intelligenza artificiale poetica in molti casi consiste nell’offrire un ‘aiutino’ molto umano, spesso lo stesso processo d’ispirazione dei poeti reali: alimentare la macchina con migliaia di immagini abbinate a descrizioni molto accurate e da poesie inerenti. Questo complesso di dati (data set) insegna al crescente algoritmo della famelica intelligenza artificiale cosa siano le associazioni tra immagini e testo. Attraverso l’apprendimento automatico (machine learning), questa ‘capisce’ i modelli da fissare nella sua memoria (dai panorami naturali alle siluette di animali, ai grattacieli), coglie i mille tipi di rime e le infinite ‘poeticità’ degli accostamenti aggettivi+nomi, scopre come le metafore siano dei giochi di pensiero e i colori si sintonizzino con le emozioni. Nutrirla con “La teoria dei colori” di Goethe e forse parecchi test proiettivi di Rorschach fa senz’altro parte del suo processo di formazione. Per diventare una poetessa, l’intelligenza artificiale deve insomma studiare, leggere, magari declamare, certamente mettersi alla prova quotidiana dell’espressione poetica. E domandarsi – i poeti lo hanno fatto e lo faranno sempre – cosa sia la poesia e se la poesia esista davvero. A quel punto il robot poeta sarà in grado – in realtà lo è già – di passare per un umano a tutto tondo, senza se e senza ma (un’ennesima declinazione del test di Alan Turing, dove si determina l’umanitudine della macchina), con milioni di estasiati lettori che gli porgeranno il libro di poemi appena acquistato per una dedica, che sarà personalizzatissima, perché il robot poeta sarà stato cibato con tutti i dati sensibili dell’appassionato e inconsapevole lettore. Finalmente si smetterà di copiare furtivamente i sublimi versi di qualche premio Nobel della poesia e semplicemente si pronuncerà ad alta voce il nome del/la destinatario/a, aggiungendo una frase di contorno («È grande!»). Così l’algoritmo di intelligenza artificiale sfornerà versi immortali e, volendo, con lo stile di un particolare poeta tanto amato da lei/lui, come fa da tempo la poetessa robot inglese Ai-Da, ispirata dalla “Divina Commedia” di Dante, che ha letto e riletto con passione tutta umana: «Le parole non sono intelligibili all’orecchio umano; / può solo immaginare cosa significhino».   di Edoardo Fleischner

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