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Gli stonati sull'Ucraina. Parla Manuel Agnelli

Gli stonati sull’Ucraina: parla Manuel Agnelli

Intervista a Manuel Agnelli, il poliedrico cantautore appena uscito con il nuovo album “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Ci racconta anche il rapporto con la figlia Emma e il ruolo della musica nella guerra in Ucraina.
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Per Manuel Agnelli è un periodo di cambiamenti, nuove sfide e traguardi. Dopo aver lasciato “X Factor” e condotto un programma radiofonico su “Radio24”, ecco un disco da solista a 56 anni, con gli Afterhours fermi per un po’. Ha anche ricevuto dall’Università Iulm il primo master ad honorem di sempre in Editoria e produzione musicale.

Impossibile non partire dal nuovo, da “Ama il prossimo tuo come te stesso”, progetto profondamente diverso da quanto fatto finora in carriera. Disco sincero, diretto, profondo: aria fresca. «Durante il lockdown ho cominciato a scrivere senza pensare a cosa avrei realizzato, senza progettualità, senza tempi e senza scadenze. Un po’ come quando ero ragazzino, quando suonavo per suonare e non per realizzare dischi, fare tour eccetera. Volevo mantenere questo tipo di purezza».

Un lavoro personale che racchiude anche “Lo sposo sulla torta”, un duetto con sua figlia Emma – artista e cantante – all’inizio protetta dietro al nome d’arte di Vaselyn Kandynsky, da lei scelto per la propria musica. «Nessuna delle voci femminili che avevo vagliato per il pezzo mi convinceva. Per sfida Emma mi ha detto che l’avrebbe cantata meglio di chiunque altro. Le ho proposto di provare ed è stata eccellente».

Quando gli chiediamo se secondo lui gli artisti dovrebbero fare sentire di più la propria voce sull’attuale conflitto russo-ucraino, Manuel – che nel disco ne canta in “Severodonetsk” – non ha dubbi: «Sì. Ho la sensazione che soprattutto in Italia, dove siamo abituati ad avere una posizione su tutto, ci sia veramente poca presenza da parte degli artisti su questo tema. Hanno paura a prendere posizione. Capisco che ci sia un senso di responsabilità anche importante, bisogna pensarci bene quando poi si parla. Ma ho sempre pensato che gli artisti in generale abbiano il dovere di prendere una posizione. Dopodiché, quanto utilizzare il proprio megafono per sponsorizzare ciò che si ha da dire dipende dalla coscienza di ognuno di noi».

Un tema, quello del ruolo dell’artista nel mondo di oggi, ripreso e approfondito anche durante la lectio magistralis che ha tenuto in Iulm davanti a un’aula magna gremita: «Dagli anni Sessanta in avanti un certo concetto di musicista ha iniziato a prendere piede, dove l’unicità del carattere, la particolarità e soprattutto la diversità erano fondamentali. È paradossale – ha aggiunto – che, in una società che oggi cerca di raggiungere un’accettazione della diversità a tutti i livelli, a livello artistico ci sia una omologazione così diffusa. C’era un’industria che cercava la diversità, oggi c’è un’industria oliata sull’omologazione».

Un mondo in cui sembrano avere senso solo i numeri: «Oggi contano solo quelli. Se suoni a San Siro hai senso, se no non lo hai. Ed è questo a non aver senso».

 

di Federico Arduini e Sara Boni Sforza

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