Odeon a Milano, vecchio cinema paradisiaco
 | Cultura
        
                Dopo quasi cento anni di vita, chiude definitivamente anche l’ultima sala dello storico cinema Odeon di Milano, a 20m dal Duomo
        
        		
				
	
		
	
		
        
	
		
	
		
        
        
    
 
Odeon a Milano, vecchio cinema paradisiaco
Dopo quasi cento anni di vita, chiude definitivamente anche l’ultima sala dello storico cinema Odeon di Milano, a 20m dal Duomo
        
                 | Cultura
        		
				
	
		
	
		
        
	
		
	
		
        
        
    
Odeon a Milano, vecchio cinema paradisiaco
Dopo quasi cento anni di vita, chiude definitivamente anche l’ultima sala dello storico cinema Odeon di Milano, a 20m dal Duomo
        
                 | Cultura
        		
				
	
		
	
		
        
	
		
	
		
        
        
    
AUTORE: Gianni Canova
Neanche tanto tempo fa Corso Vittorio Emanuele era considerato un po’ da tutti la Broadway milanese: un pullulare di teatri e di cinematografi che facevano sognare solo a pronunciarne il nome. Excelsior, Mignon, Astra, Apollo. E poi ancora: Ariston, Corso, Corallo, Pasquirolo, Mediolanum. A uno a uno nel giro di pochi anni hanno chiuso tutti, trasformati quasi sempre in vetrine luccicanti per lo shopping compulsivo in cui brillano in bella vista i brand che hanno colonizzato e omologato i centri cittadini della maggior parte delle metropoli del mondo globalizzato.
Due giorni fa a Milano ha chiuso anche la sala più importante, quella simbolicamente più rappresentativa: l’Odeon di via Santa Redegonda, a 20 metri dal Duomo. Quasi cento anni di vita (aveva aperto nel 1929). Un’architettura di grande pregio, in bilico fra liberty e art déco. Un secolo di sogni, visioni, anteprime, tappeti rossi, avventure, passioni. Generazioni e generazioni di spettatori che hanno trovato lì i propri attrezzi per fantasticare (e per capire meglio il mondo in cui ci è dato di vivere). “Ex tenebris vita”, recita (ancora per quanto?) la grande scritta che campeggia nella sala più grande. Ora le luci si sono spente, la vita langue e restano solo le tenebre. Giù il sipario. Gli schermi delle dieci sale realizzate nel 1986 con la raffinata ristrutturazione firmata da Franco Albini e Franca Helg han chiuso i battenti.
Anche l’Odeon sarà un centro commerciale. La nuova proprietà, Kryalos, dice che vuol farne qualcosa di analogo a quello che sono Harrod’s a Londra e le Galeries Lafayette a Parigi. Legittimo, siamo nel libero mercato. Ma quel che stupisce e addolora è che questa ennesima chiusura di un cinema avvenga nel silenzio e nell’indifferenza. L’Odeon è per il cinema milanese quello che il Teatro alla Scala è per l’opera lirica e il Piccolo per il teatro: sono monumenti nazionali. Pezzi di storia che vanno tutelati, protetti, preservati. Per la Scala e il Piccolo è stato fatto, per l’Odeon no. Per l’Odeon non si è fatto nulla.
Uno Stato che spesso pretende dal singolo cittadino sfibranti pratiche burocratiche e balzelli a non finire anche per il solo cambio di destinazione d’uso – poniamo – di un bilocale di periferia, adotta poi un silente laissez faire di fronte a un cambio di destinazione d’uso che si configura a tutti gli effetti anche come un’operazione di cancel culture – architettonica, cinematografica, simbolica – che fa un poco accapponare la pelle. Possibile che nessuna archistar abbia nulla da ridire? Forse che il cinema è meno ‘nobile’ dell’opera lirica e del teatro? Non è parte anch’esso della nostra storia e dei percorsi di costruzione del nostro immaginario? O anche in questo caso persiste nei confronti del cinema quel pregiudizio elitario e snobistico che ha portato la classe politica a negargli il diritto di essere insegnato nelle nostre scuole? Ma poi: siamo consapevoli che la chiusura di cinema e teatri implica un’ulteriore desertificazione del centro cittadino?
Senza cinema e senza teatri la sera il centro si spopola, come già accaduto a Londra e in altre metropoli europee, con tutte le conseguenze in termini di degrado e di sgretolamento del tessuto sociale e relazionale che chiunque può facilmente immaginare. Che la più ricca e importante città d’Italia resti con un solo cinema in centro (l’Arlecchino, da qualche mese meritoriamente rilevato, gestito e programmato dalla Cineteca di Milano) è un segno di declino epocale che instilla un po’ di sconforto sotto la pelle prima di suscitare una reazione di inevitabile e furente mestizia.
di Gianni Canova
 
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche
 
I libri proibiti che uccidono e salvano
22 Ottobre 2025
        
    
        
        
                
I libri si leggono o si mangiano? La lettura è una forma di pasto. Si legge mangiando e si mangia…
        
        
        
                
                
            
        
    
 
Pink Noise, l’hub che unisce impresa e creatività nel cuore di Mantova
18 Ottobre 2025
        
    
        
        
                
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Matteo Brognoli, cofondatore di Pink Noise, un innovativ…
        
        
        
                
                
            
        
    
 
Potremo leggere i papiri di Ercolano
16 Ottobre 2025
        
    
        
        
                
 Dopo 2mila anni di silenzio, i papiri di Ercolano tornano a “parlarci”. Intervista alla professor…
        
        
        
                
                
            
        
    
 
La storia del Qr code
14 Ottobre 2025
        
    
        
        
                
Il Qr code nasce come una struttura apparentemente confusa, ma governata da una logica perfetta. L…
        
        
        
                
                
            
        
    
Iscriviti alla newsletter de
 La Ragione
    Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.
 
 
                        