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Peggy Guggenheim

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Una forza naturale, istintiva in una donna profondamente inquieta e dal fascino magnetico: è Peggy Guggenhei

Peggy Guggenheim

Una forza naturale, istintiva in una donna profondamente inquieta e dal fascino magnetico: è Peggy Guggenhei

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Peggy Guggenheim

Una forza naturale, istintiva in una donna profondamente inquieta e dal fascino magnetico: è Peggy Guggenhei

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Peggy era la ricchissima figlia dell’uomo d’affari d’origine ebraica Benjamin Guggenheim. All’anagrafe Marguerite, nacque a New York nel 1898 e il papà passò allo storia non tanto per le sue imprese industriali – la famiglia aveva fatto fortuna nell’acciaio e nell’estrazione dell’argento, mentre la madre di Peggy era la rampolla di una famiglia di banchieri – ma per come lasciò questa terra.

Benjamin Guggenheim era fra le 1500 vittime del naufragio del Titanic il 12 aprile 1912 e il mito ha tramandato la sua immagine di gentleman che indossando impeccabilmente il White Tie – comunemente definito ‘frac’ – cedette il suo posto sulle scialuppe di salvataggio a donne e bambini, per dichiarare agli astanti: “Attendiamo la morte con contegno”. Mito ma anche fedele ritratto del mondo in cui crebbe la piccola Peggy. Il padre le lasciò, oltre un vuoto quasi impossibile da colmare, un’eredità consistente. Eppure non gigantesca: circa 30 milioni di dollari di oggi, nulla rispetto a quella del ramo familiare dei cugini (quello dello zio Solomon, che avrebbe fondato il Guggenheim Museum di New York).
Peggy Guggenheim non sarebbe mai riuscita a realizzare ciò che seppe fare in una vita intensissima e di stupefacente modernità basandosi solo sul lascito paterno. L’impronta che ha saputo dare alla storia dell’arte è merito tutto suo.

Una forza naturale, istintiva in una donna profondamente inquieta e dal fascino magnetico. Incarnò il mecenatismo più puro, individuando con talento impressionante la scintilla della storia in opere all’epoca ignoti. L’elenco, parziale, di artisti scoperti o lanciati grazie a lei è senza eguali: Vasilij Kandinskji, Yves Tanguy, Antoine Pevsner, Henry Moore, Henri Laurens, Alexander Calder, Raymond Duchamp-Villon, Jean Arp, Max Ernst, Pablo Picasso, Georges Braque, Salvador Dalí.

Accumulare capolavori, con un “occhio” che ancora oggi lascia senza fiato, non sarebbe mai potuto avvenire se fosse stata ‘solo’ una mercante d’arte straordinaria e illuminata. Peggy Guggenheim visse l’arte ogni giorno dei suoi 81 anni. Immersa in residenze a Londra, Parigi, New York, in particolare la sua amatissima Venezia, le cui memorie fotografiche o musei sono viaggi nel bello e nel tempo.

Peggy voleva che tutto il suo ampio mondo respirasse a pieni polmoni l’arte di cui aveva riempito le sue dimore. Una su tutte, come accennavamo: Venezia. Sul Canal Grande, dove oggi il Peggy Guggenheim Museum da lei donato alla Fondazione dello zio fa bella mostra di sé, trovò il luogo che seppe sentire come “casa”. Il lascito è impressionante ma è l’idea di scovare l’arte dove nessuno andrebbe a cercarla a fare la differenza. Il metterla a disposizione di quante più persone possibile. Perché l’arte, il bello, la ricerca, le nuove frontiere del messaggio di un’opera elevano l’uomo.

Sì, qualcuno disse che con l’arte non si mangia. Di sicuro senza non si vive. Avrebbe aggiunto Peggy Guggenheim.

di Fulvio Giuliani

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