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Il direttore di Pompei fa lezione agli studenti e a tutti noi

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Il direttore ha ricordato ai suoi collaboratori cosa significhi il senso di responsabilità, l’amore per un luogo che non ha uguali al mondo: Pompei

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Il direttore di Pompei fa lezione agli studenti e a tutti noi

Il direttore ha ricordato ai suoi collaboratori cosa significhi il senso di responsabilità, l’amore per un luogo che non ha uguali al mondo: Pompei

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Il direttore di Pompei fa lezione agli studenti e a tutti noi

Il direttore ha ricordato ai suoi collaboratori cosa significhi il senso di responsabilità, l’amore per un luogo che non ha uguali al mondo: Pompei

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L’iniziativa del direttore del Parco archeologico degli scavi di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, di accompagnare personalmente in visita guidata una scolaresca di Treviso che aveva trovato gli scavi chiusi per un’assemblea sindacale, non è solo una bella storia di senso di responsabilità. 

È soprattutto un urlo nel silenzio di chi svolge il proprio lavoro, quale che sia, con passione e dedizione. È la ribellione civile, silenziosa eppure fragorosa, contro chi mette sempre il proprio interesse davanti a quello degli altri. Di chi vede nel proprio lavoro solo un mezzo di sostentamento, soddisfazione economica, magari rivalsa sociale e così via.

Le assemblee sindacali sono sacrosante, l’attività sindacale è parte stessa di un corpo sociale democratico e sviluppato, ma non si può fare sindacato sulla pelle del servizio, dei cittadini, degli utenti di un bene inestimabile e globale come – in questo caso – gli scavi archeologici di Pompei. 

Non si chiude Pompei per assemblea sindacale. Se l’assemblea sindacale è una cosa seria, come non abbiamo motivo di dubitare, la si organizza in modo tale da consentire la regolare attività degli scavi, del proprio lavoro, di ciò che permette agli stessi partecipanti all’assise dei lavoratori di avere dei temi di cui discutere e di qualcosa di cui vivere. 
Sopra ogni altra cosa, c’è (ci sarebbe) il rispetto dovuto a chi quel lavoro lo alimenta, che non è lo Stato, il direttore, il capo, ma il turista che viene a spendere i propri soldi per visitare un luogo magnifico e magari lo fa una sola volta nella vita perché arriva dalla Nuova Zelanda. Per ipotesi. O arriva in gita scolastica per una di quelle giornate che quando le vivi sono divertenti e basta (e magari del museo o degli scavi non ti importa proprio nulla mentre giochi e scherzi con gli amici), ma trent’anni dopo sono ancora lì ficcate nella tua testa. Con i semi della cultura, della bellezza, della curiosità e della gioia di conoscere e imparare. 

Al direttore Gabriel Zuchtriegel, un tedesco innamorato del nostro Paese e naturalizzato italiano, va un sincero ‘grazie’ per averci ricordato tutto questo e per averlo fatto senza alzare la voce, senza un moto di insofferenza, che pure tanti fra di noi avrebbero potuto legittimamente provare. 

Ha ricordato ai suoi collaboratori cosa significhi il senso di responsabilità, l’amore per un luogo che non ha uguali al mondo. Per quei dipendenti pubblici – parliamone con onestà intellettuale e senza paura di offendere qualcuno – che vivono la propria professione in uno dei magnifici siti museali o archeologici del nostro Paese senza coglierne fino in fondo il valore. 

Come se Pompei o gli Uffizi o il Museo della Scienza e della Tecnica o il Colosseo o le Pitture rupestri o la Valle dei templi fossero un ufficio qualsiasi. Detto con il dovuto rispetto, sono altro e siamo francamente stanchi di osservare sciatteria, indifferenza, sguardi vuoti in alcuni dei luoghi più belli della terra.

di Fulvio Giuliani

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