Qualcuno salvi il Caravaggio
Il complesso di Casino dell’Aurora a Roma sarà battuto all’asta il 18 gennaio con un prezzo di partenza di 471 milioni. Al suo interno l’unico dipinto murale mai realizzato dal Caravaggio. Al via una petizione per usare i fondi del PNRR.
| Cultura
Qualcuno salvi il Caravaggio
Il complesso di Casino dell’Aurora a Roma sarà battuto all’asta il 18 gennaio con un prezzo di partenza di 471 milioni. Al suo interno l’unico dipinto murale mai realizzato dal Caravaggio. Al via una petizione per usare i fondi del PNRR.
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Qualcuno salvi il Caravaggio
Il complesso di Casino dell’Aurora a Roma sarà battuto all’asta il 18 gennaio con un prezzo di partenza di 471 milioni. Al suo interno l’unico dipinto murale mai realizzato dal Caravaggio. Al via una petizione per usare i fondi del PNRR.
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Il complesso di Casino dell’Aurora a Roma sarà battuto all’asta il 18 gennaio con un prezzo di partenza di 471 milioni. Al suo interno l’unico dipinto murale mai realizzato dal Caravaggio. Al via una petizione per usare i fondi del PNRR.
471 milioni di euro di partenza, 353.250.000 l’offerta minima con rilanci di un milione: è questo il prezzo di Casino dell’Aurora, complesso monumentale incastonato tra Via Vittorio Veneto, porta Pinciana e Villa Borghese, la parte più elegante di una Roma che stenta a ricordarsene.
La dependance, appartenuta alla famiglia Ludovisi, fu realizzata dopo l’Unità d’Italia e sarà battuta all’asta ad una cifra da capogiro a seguito della morte dell’ultimo rampollo della famiglia Boncompagni-Ludovisi, il principe Nicolò. Come nelle migliori fiction storiche ne è scaturita una guerra a colpi di eredità e intrighi “da sangue blu” sedata però, nella vita reale, solo dal Tribunale di Roma che ne ha deciso per la vendita.
Al di là della bellezza e portata storica evidente anche ad occhi inesperti, il complesso ospita al suo interno l’unico dipinto murale di Caravaggio al mondo: “Giove, Nettuno e Plutone” realizzato nel 1597. Come se non bastasse, numerose sale affrescate portano la firma del Guercino mentre il giardino è stato realizzato da Le Notre, lo stesso che progettò il verde di Versailles.
Non bisogna essere necessariamente un critico d’arte per comprendere che si tratta di un gioiello, probabilmente tra le mani sbagliate. Ne è nata una petizione, ad oggi arrivata a quasi 10mila firme, per salvare Casino dell’Aurora al grido di “SOS. La cultura non si svende”. La richiesta è una riappropriazione dell’intero complesso (peraltro inattivo da anni) attraverso l’utilizzo dei fondi del PNRR per evitare “che un altro pezzo d’Italia, quella bella, vada svenduto”.
La richiesta è senz’altro lecita ma come al solito si alza la voce a posteriori.
Salvaguardare l’immenso patrimonio storico e artistico di cui siamo pregni – nostro malgrado – dovrebbe essere un mantra quotidiano di cittadini e istituzioni ma, ammettiamolo, non siamo sempre capaci di farlo. Così, ci si fa sentire solo quando quella cosa bella sta sfuggendo di mano.
Va peraltro ricordato che l’edificio è sotto controllo della Soprintendenza dei Beni Culturali e che, quindi, un eventuale proprietario sarebbe ostacolato (giuridicamente e fisicamente) alla realizzazione di progetti autonomi ed estranei all’arte (come alberghi di lusso) ma sarebbe costretto, anche suo malgrado, a compiere delle scelte per il bene della collettività artistica come una fondazione, archivio, luogo d’arte. O quantomeno non è dato saperlo né escluderlo.
La garanzia di successo in tal senso con un nuovo compratore è in balia della statistica: potrebbe andare bene come potrebbe non andare bene. L’appropriazione privata di un bene comune malamente salvaguardato non può diventare una caccia alle streghe verso ricchi compratori.
Ciò che trascuri può diventare di qualcun altro ma questa lezione, noi italiani, non l’abbiamo ancora appresa del tutto.
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Tag: Arte
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