Scoperto un capolavoro di Raffaello? Per Sgarbi no
| Cultura
Lo storico e critico d’arte Vittorio Sgarbi giudica ”impossibile” la notizia della scoperta di un presunto Raffaello

Scoperto un capolavoro di Raffaello? Per Sgarbi no
Lo storico e critico d’arte Vittorio Sgarbi giudica ”impossibile” la notizia della scoperta di un presunto Raffaello
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Scoperto un capolavoro di Raffaello? Per Sgarbi no
Lo storico e critico d’arte Vittorio Sgarbi giudica ”impossibile” la notizia della scoperta di un presunto Raffaello
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Lo storico e critico d’arte Vittorio Sgarbi giudica ”impossibile” la notizia della scoperta di un presunto Raffaello. “Nessun possibilità – taglia corto Sgarbi – che il dipinto propagandato come Raffaello, e annunciato a Pergola, città affettuosa, sia del maestro urbinate. È soltanto uno scoop giornalistico, dal momento che si basa su una conoscenza di pochi trattandosi di un’opera in collezione privata, con la legittima aspirazione del proprietario di possedere un Raffaello. Già è bizzarra – aggiunge Sgarbi – l’idea di una Maddalena con le sembianze della moglie del Perugino, come è sospetta la pur legittima propensione di alcuni studiosi a pronunciarsi soltanto su grandi nomi: Raffaello, Leonardo, Botticelli. Perugino basta e avanza”.
”L’opera annunciata come Raffaello – dice Sgarbi – è infatti una versione, forse autografa, di un prototipo di Perugino conservato a Palazzo Pitti, di cui si conosce un’altra versione alla Galleria Borghese. Difficile che nel 1504, quando, in contrasto con il suo Maestro nello ‘Sposalizio della Vergine’ di Caen, Raffaello, con infinita grazia, dipinge il suo mirabile Sposalizio, ora a Brera, che è tanto più libero, nuovo e sciolto di quello del maestro, egli si applichi a fare una copia del Perugino, che in quel momento ha già lasciato alle spalle. E altrettanto impossibile è che il Perugino dipinga una copia di Raffaello. Al massimo, dunque, la nuova versione, di collezione privata, è una replica del Perugino. Di cui verificare l’autografia, rispetto a quella certa delle opere conservate nei musei, e di pubblico dominio”.
”Il gioco del privato che possiede un’opera più autentica di quella di un museo – conclude Sgarbi – è già stato tentato, per Raffaello, con l’autoritratto giovanile. Poi la febbre è passata. Ma è evidente che la proprietà privata, e la conoscenza dal vivo di soltanto alcuni studiosi, sono pregiudizievoli per il riconoscimento della autografia”.
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