Se la cultura non ha prezzo (quando dovrebbe averlo)
Fa discutere il bando del Comune di Sora per il nuovo direttore del museo. Compenso? Zero euro. Perchè lavorare nella cultura non è un semplice hobby e perché il Pnrr può essere la soluzione a un vizio tutto italiano.
| Cultura
Se la cultura non ha prezzo (quando dovrebbe averlo)
Fa discutere il bando del Comune di Sora per il nuovo direttore del museo. Compenso? Zero euro. Perchè lavorare nella cultura non è un semplice hobby e perché il Pnrr può essere la soluzione a un vizio tutto italiano.
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Se la cultura non ha prezzo (quando dovrebbe averlo)
Fa discutere il bando del Comune di Sora per il nuovo direttore del museo. Compenso? Zero euro. Perchè lavorare nella cultura non è un semplice hobby e perché il Pnrr può essere la soluzione a un vizio tutto italiano.
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Fa discutere il bando del Comune di Sora per il nuovo direttore del museo. Compenso? Zero euro. Perchè lavorare nella cultura non è un semplice hobby e perché il Pnrr può essere la soluzione a un vizio tutto italiano.
Ci sono questioni che indignano quel tanto che basta per fare notizia finendo nel dimenticatoio dopo poche settimane, quando invece meriterebbero attenzione e soluzioni durature.
Solo poche settimane fa il caso del bando di Sora (Frosinone) per la ricerca del direttore scientifico del Museo Civico della Media Valle del Liri – mediante il quale si illustra la storia della città e del suo territorio – riservato a soggetti in pensione, aveva scaturito un’accesa polemica tra gli addetti ai lavori del settore, fortemente risentiti.
La richiesta infatti sarebbe rivolta esclusivamente a un profilo laureato con provata esperienza nel settore. “Qualcuno che possa vantare pubblicazioni scientifiche, ricerche in ambito archeologico e documentata conoscenza dei sistemi di conservazione dei reperti”, assunto con un contratto di un anno senza alcun tipo di compenso.
Più che soffermarsi sulla sfacciataggine dell’offerta di “lavoro”, bisognerebbe forse indagare i motivi di una richiesta che pare quasi disperata.
Offerte come queste sviliscono la dignità dei professionisti dei beni culturali, ma come si legge nell’intervento social del vicesindaco e assessore alla cultura e alle pari opportunità del Comune di Sora Maria Paola Gemmiti: “Non abbiamo tempo, non abbiamo soldi e abbiamo trovato uno sfacelo”.
Attraverso l’intervento spiega infatti che l’appello sarebbe stato effettuato attraverso avviso pubblico dovendo rispettare scadenze strette per rientrare nel circuito dei musei della Regione Lazio e cercare finanziamenti in piena era PNRR.
“La scelta è aprire, rinascere, crescere o non aprire e lasciare il Museo chiuso a marcire”.
Il problema è ormai lo stesso da anni ovvero una significativa riduzione delle risorse pubbliche per il settore culturale, soprattutto da parte delle amministrazioni locali.
Per tenere aperto un museo e poter assumere profili d’alto rango, magari pagandoli – dettaglio affatto secondario – è importante però andare oltre e prendere atto che la maggior parte degli introiti provengono da attività che producono incassi come biglietteria e attività didattiche e che, attraverso un modello di business adeguato, potrebbero tranquillamente sostenere le realtà senza contare in maggioranza su contributi pubblici.
Per fare questo però è necessaria una direzione brillante, cosciente e istruita appunto, che non si nasconde dietro la difficoltà di reperibilità di fondi ma che tratta il museo come un CEO tratterebbe la propria azienda e, parliamoci chiaro, un CEO non lo fa solo per amore del mestiere, non esclusivamente.
La domanda da porsi è definitivamente: quale valore vogliamo che abbia la cultura in Italia? Vogliamo continuare a trattarla come un hobby, un qualcosa a cui tengono pochi eletti che tutelano per amore della patria o possiamo affermare che sia arrivato il momento di darle il peso, soprattutto economico, che merita?
Attraverso il Piano contenuto nel PNRR “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo” 6,68 miliardi di euro vengono destinati alla Componente “Turismo e Cultura”, sia per risollevare l’identità del Paese sia perché tali attività hanno un peso significativo nell’economia nazionale, considerando che solo il settore turismo rappresenta circa il 12 per cento del Pil.
Eppure ogni anno migliaia di volontari operano per fondazioni o associazioni, spesso sostenendo colloqui al pari di figure professionali specializzate del settore, per operare a titolo totalmente gratuito come guide turistiche.
Figure incredibilmente formate che non percepiscono alcuno stipendio ma hanno l’incredibile opportunità di fare esperienza.
Non a caso Il Fai (Fondo Ambiente Italiano) è stato più volte al centro di polemiche proprio per aver dato fin troppo spazio ai volontari lasciando in disparte professionalità del settore che più volte hanno manifestato la loro condizione di precarietà contrattuale.
Certo senza il lavoro di certe realtà e soprattutto alla collaborazione di molti volontari non avremmo accesso a un’ampia fetta di luoghi di cultura, ma il punto rimane sempre lo stesso; alcuni studi, alcuni mestieri, valgono meno di altri.
Per progredire e sfruttare a pieno i finanziamenti in arrivo dal Next Generation EU bisogna cambiare mentalità. Considerare a tutti gli effetti il potenziale economico della cultura e soprattutto riconoscere la professionalità di chi nella cultura ci lavora, lasciando che i pensionati restino in pensione e che i laureati trovino un adeguato compenso.
di Elena Bellanova
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Tag: cultura
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