
Un esodo da non dimenticare, Paolo Terdich dipinge il dramma delle foibe
La bellezza dell’arte per raccontare un dramma: l’esempio dell’artista italiano Paolo Terdich, che ha scelto di dipingere il dramma dell’esodo giuliano-dalmata e delle foibe
| Cultura
Un esodo da non dimenticare, Paolo Terdich dipinge il dramma delle foibe
La bellezza dell’arte per raccontare un dramma: l’esempio dell’artista italiano Paolo Terdich, che ha scelto di dipingere il dramma dell’esodo giuliano-dalmata e delle foibe
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Un esodo da non dimenticare, Paolo Terdich dipinge il dramma delle foibe
La bellezza dell’arte per raccontare un dramma: l’esempio dell’artista italiano Paolo Terdich, che ha scelto di dipingere il dramma dell’esodo giuliano-dalmata e delle foibe
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La bellezza dell’arte per raccontare un dramma: l’esempio dell’artista italiano Paolo Terdich, che ha scelto di dipingere il dramma dell’esodo giuliano-dalmata e delle foibe
Può la bellezza dell’arte raccontare un dramma? La bellezza del linguaggio artistico appartiene alla capacità di poter offrire al pubblico la possibilità di leggere le opere d’arte attraverso una varietà di punti di vista inimmaginabili. Le chiavi di lettura di un dipinto, di una scultura o di una fotografia possono appartenere al mondo della tecnica, della poesia, della filosofia fino alla psicologia. Si pensi – giusto per fare un esempio – al celebre “Il bacio” di Edvard Munch, considerato un capolavoro della storia dell’arte benché esprima tutt’altro che un momento d’amore (l’opera svela il disturbo psichico dell’artista ma al contempo ha il suo indubbio fascino).
Paolo Terdich – artista italiano particolarmente stimato e apprezzato dal pubblico e dalla critica per la sua innata capacità di dipingere con uno stile che riesce a unire l’espressione iperrealista con quella poetica – oggi stupisce il suo pubblico con un nuovo progetto in cui ha scelto di dipingere il dramma dell’esodo giuliano-dalmata e delle foibe. La bellezza risiede nella capacità di esprimersi attraverso un alfabeto creativo che riesce ad amplificare il messaggio e le motivazioni forti che hanno smosso l’anima sensibile dell’artista. Terdich vuol raccontare una storia personale legata a ciò che la sua famiglia ha vissuto negli anni in cui, al termine della Seconda guerra mondiale, circa 300mila giuliani e dalmati italiani furono costretti ad abbandonare per sempre le loro terre. Erano gli anni del massacro delle foibe, commemorato ogni anno il 10 febbraio con il “Giorno del ricordo”. Terdich racconta l’esilio tramite cromie uniformi e contrastate che sottolineano il dramma attraverso le rughe, gli occhi e le atmosfere delle sue opere pittoriche. Gli esuli mostrano sguardi persi nel vuoto come a ricercare uno smarrimento profondo che narra la sensazione della perdita di identità.
L’arte è un mezzo di espressione che offre la possibilità di andare oltre il sensibile, come ci hanno insegnato molti anni fa Kant ed Hegel con la filosofia estetica. Un linguaggio che ci può consentire di andare in profondità per comprendere le forti motivazioni che hanno consentito la nascita delle opere d’arte. La ‘necessità interiore’ – da cui ha attinto Paolo Terdich – appartiene a un’anima sensibile che evidentemente aveva con questo argomento un conto in sospeso. Sono davvero pochissimi gli artisti che si sono cimentati in questo difficile racconto, ma sono altresì troppe le strumentalizzazioni politiche che ogni anno animano questo argomento. Chissà se l’arte di Paolo Terdich saprà unire il pubblico nella condanna unanime della barbara violenza che si compì in quegli anni difficili, magari apprezzando al contempo la maestria pittorica di un artista italiano colto e raffinato.
di Alberto Moioli
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