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75 anni con i Peanuts

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75 anni fa sette quotidiani americani ospitarono per la prima volta una nuova striscia a fumetti destinata a diventare un punto di riferimento nel genere: Peanuts

I Peanuts

75 anni con i Peanuts

75 anni fa sette quotidiani americani ospitarono per la prima volta una nuova striscia a fumetti destinata a diventare un punto di riferimento nel genere: Peanuts

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75 anni con i Peanuts

75 anni fa sette quotidiani americani ospitarono per la prima volta una nuova striscia a fumetti destinata a diventare un punto di riferimento nel genere: Peanuts

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Settantacinque anni fa – era il 2 ottobre 1950 – sette quotidiani americani ospitarono per la prima volta una nuova striscia a fumetti destinata a diventare un punto di riferimento nel genere. Poche linee nere, bambini con teste tonde, un cane dalle orecchie lunghe. Si chiamava Peanuts, un titolo imposto dall’editore e mai amato dal suo autore, Charles M. Schulz. Lui avrebbe preferito “Good Ol’ Charlie Brown”, perché era quello il cuore della sua opera: un ragazzo comune, fragile, sempre in difficoltà.

Per capire da dove nacquero i Peanuts bisogna guardare alla vita di Schulz. Cresciuto a St. Paul, nello Stato del Minnesota, figlio di un barbiere e di una casalinga, era un bambino timido, considerato troppo silenzioso dagli insegnanti. La madre morì di cancro proprio quando lui stava partendo per il servizio militare: un trauma che lo segnò profondamente. Durante la guerra combatté in Europa ma non amava raccontarlo; si definiva «un codardo per natura». Quell’insicurezza e quel senso costante di inadeguatezza divennero linfa vitale per i suoi personaggi. Così nacque Charlie Brown, alter ego e specchio delle fragilità dell’autore: un bambino che sbaglia, perde, non riesce mai a calciare la palla che Lucy gli toglie all’ultimo istante. Schulz disse una volta: «La vita è una serie di delusioni. Charlie Brown le vive tutte, perché io stesso le ho vissute».

Accanto a lui, però, comparve presto un contrappunto: Snoopy. Un bracchetto che non accettava la sua condizione di cane e anzi s’immaginava in vite parallele, da asso dell’aviazione a scrittore incompreso. Era la fantasia di Schulz stesso, il suo desiderio di fuga da un’esistenza che spesso percepiva come banale. Se Charlie Brown era la sua ombra, Snoopy era la sua luce, l’invenzione che compensava la realtà.

Altri personaggi traducevano pezzi della sua esperienza. Lucy, autoritaria e impietosa, rappresentava i bulli che da ragazzo lo avevano fatto sentire escluso. Linus, con la sua inseparabile coperta, incarnava la necessità di sicurezza che Schulz provava da sempre. Schroeder, il musicista devoto a Beethoven, rifletteva la passione dell’autore per l’arte come rifugio. Persino la Ragazza dai capelli rossi, amore impossibile di Charlie Brown, proveniva da una storia vera: una donna che Schulz aveva corteggiato senza successo negli anni Cinquanta e che gli aveva lasciato un segno indelebile.

Le strisce divennero quindi un diario mascherato. Ogni piccolo rituale – l’aquilone che non vola, la partita persa, la palla tolta all’ultimo – era la metafora di un sentimento più grande: la vita come serie di tentativi falliti, ma non privi di dignità. La forza dei Peanuts stava anche nella loro capacità di sembrare semplici, quasi infantili, mentre in realtà parlavano degli adulti. Non a caso furono amati dai lettori di tutte le età e citati ovunque nella cultura popolare. Nel 1969 la Nasa scelse Snoopy come mascotte delle missioni spaziali, ribattezzando con il suo nome il modulo lunare dell’Apollo 10. La “coperta di Linus” entrò nel linguaggio comune e lo speciale animato “A Charlie Brown Christmas” del 1965 divenne un classico della televisione americana, vincendo premi prestigiosi e introducendo la musica jazz di Vince Guaraldi a milioni di famiglie.

Schulz rimase un uomo schivo tutta la vita. Non volle mai collaboratori: per cinquant’anni disegnò da solo, una striscia al giorno, senza pause. In quel rituale quotidiano trovava equilibrio, come se scrivere le vicende dei suoi personaggi fosse una terapia silenziosa. Nel dicembre 1999 annunciò il ritiro per motivi di salute. Morì nella notte del 12 febbraio 2000. Il giorno dopo i giornali pubblicarono la sua ultima striscia: un addio semplice e struggente, in cui salutava i suoi lettori e i suoi bambini di carta.

A settantacinque anni dalla nascita, i Peanuts restano vivi non solo perché fanno parte della cultura pop, ma perché erano e sono ancora un sincero autoritratto dell’animo umano. Charlie Brown, Snoopy, Lucy, Linus: ognuno di loro era un frammento di Schulz e, attraverso di lui, un frammento di tutti noi. Che, ancora oggi, siamo un po’ bambini.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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