Alle origini del “Sorriso” di Vincenzo Consolo
| Editoria
“Il sorriso dell’ignoto marinaio” è il libro più letto di Vincenzo Consolo. Le edizioni successive del romanzo, un classico della letteratura italiana, hanno suscitato e suscitano ancora oggi un intenso dibattito sul messaggio dello scrittore siciliano e sul codice genetico dell’opera.

Alle origini del “Sorriso” di Vincenzo Consolo
“Il sorriso dell’ignoto marinaio” è il libro più letto di Vincenzo Consolo. Le edizioni successive del romanzo, un classico della letteratura italiana, hanno suscitato e suscitano ancora oggi un intenso dibattito sul messaggio dello scrittore siciliano e sul codice genetico dell’opera.
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Alle origini del “Sorriso” di Vincenzo Consolo
“Il sorriso dell’ignoto marinaio” è il libro più letto di Vincenzo Consolo. Le edizioni successive del romanzo, un classico della letteratura italiana, hanno suscitato e suscitano ancora oggi un intenso dibattito sul messaggio dello scrittore siciliano e sul codice genetico dell’opera.
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“Il sorriso dell’ignoto marinaio” è il libro più letto di Vincenzo Consolo. Il romanzo, ormai un classico della letteratura italiana, fu edito nel 1976 ma una prima stesura “senza antefatto né appendici” si ritrova nella rivista “Nuovi Argomenti” (1969) e poi in un aureo libretto con una incisione di Renato Guttuso. Le edizioni successive hanno suscitato e suscitano ancora oggi un intenso dibattito sul messaggio dello scrittore siciliano e sul codice genetico dell’opera. Nel decimo anniversario della morte, una rilettura del romanzo può essere istruttiva per comprendere le vicende storiche della Sicilia e l’uso della memoria letteraria intesa come forza propulsiva del mutamento sociale.
Il romanzo trae spunto dal “Trittico siciliano” di Roberto Longhi, scritto in occasione della mostra tenuta nel 1953 a Messina su “Antonello e la pittura del XV secolo in Sicilia”. Esso presenta però una gestazione lunga di tredici anni, affiancata da altre scritture come la collaborazione al quotidiano “L’Ora” di Palermo o i reportage pubblicati su “Tempo illustrato”. Le scaturigini del “Sorriso” possono essere ritrovate nelle inchieste condotte dallo scrittore su Cefalù oppure sui cavatori di pietra pomice affetti di silicosi nelle isole Eolie, preambolo del pellegrinaggio al santuario di Tindari come nell’incipit del romanzo.
Nel racconto “Per un po’ di erba ai limiti del feudo” (1966), che narra le vicende dolorose di una famiglia devastata dalla mafia, è possibile ritrovare le radici di un discorso sviluppato poi nelle appendici di “Lunaria” (1985) o nel romanzo “Le Pietre di Pantalica” (1988). Il misterioso personaggio fu salutato come un nuovo “Gattopardo”, ma ancora più subdolo e accattivante del personaggio di Tomasi di Lampedusa per le caratteristiche passionali e le freddezze dei suoi teoremi cerebrali.
Il sorriso dolceamaro dipinto da Antonello da Messina è simile a quello dello scrittore siciliano, che trasferisce nelle pagine del suo romanzo una varietà di moduli letterari arricchiti da molteplici idiomi, impasto di un patrimonio linguistico ed espressione di una civiltà millenaria. Le sue metafore storiche oscurano e accendono ogni pensiero sulla Sicilia, dove si colloca la trama del romanzo. Il racconto storico ci conduce così in mezzo ai nobili illuminati per le loro simpatie liberali.
Ma anche in un’isola animata da una forte tensione ribellistica e liberata (oppure occupata) dai Mille al seguito di Garibaldi a nome dell’Italia da unificare o dei Savoia da sostituire al Borbone. La rivolta di Alcàra Li Fusi, simile a quella scoppiata a Bronte contro la spietata repressione di Bixio, si intreccia con la storia del barone Mandralisca, possessore del ritratto di Antonello.
Egli, che segue la rivolta con istintiva comprensione, cambia atteggiamento di fronte alle degenerazioni della jacquerie siciliana. Aspetti peculiari narrati con ritmo originale per la ricchezza di riferimenti storici e per i preziosi richiami alla narrativa siciliana, che manifestano una vasta conoscenza delle opere di Verga e di altri scrittori come De Roberto, Tomasi di Lampedusa e Sciascia fino alla poetica del barone esoterico Lucio Piccolo.
di Nunzio dell’Erba
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