La casa editrice nata dall’amore tra Leonard e Virginia Woolf
La storia della casa editrice Hogarth Press, nata dall’amore tra Leonard e Virginia Woolf: una realtà di carattere familiare e artigianale divenuta poi un punto di riferimento
La casa editrice nata dall’amore tra Leonard e Virginia Woolf
La storia della casa editrice Hogarth Press, nata dall’amore tra Leonard e Virginia Woolf: una realtà di carattere familiare e artigianale divenuta poi un punto di riferimento
La casa editrice nata dall’amore tra Leonard e Virginia Woolf
La storia della casa editrice Hogarth Press, nata dall’amore tra Leonard e Virginia Woolf: una realtà di carattere familiare e artigianale divenuta poi un punto di riferimento
Leonard e Virginia Woolf si vollero bene come non sempre accade fra marito e moglie. Dopo avere frequentato Virginia da amica, lui si rese conto di essersene innamorato nell’inverno del 1912 e ne chiese la mano con una lettera in cui la mise in guardia sui suoi difetti: «Sono egoista, sensuale, bugiardo, crudele, e probabilmente peggio ancora». Poco dopo i due si sposarono e vissero insieme per trent’anni. Durante i quali, a dispetto dei suoi avvertimenti, il marito – un intellettuale ebreo di fede laburista – fece di tutto per proteggere la moglie, assistendola nelle sue frequenti crisi depressive e tollerando i suoi tradimenti omosessuali.
Nella consapevolezza che la scrittura fosse la medicina più efficace contro la sua depressione, nella primavera del 1917 Leonard ebbe l’iniziativa – condivisa dalla consorte – di acquistare una pressa da stampa che fu collocata nella sala da pranzo di Hogarth House, la loro abitazione nel quartiere londinese di Richmond. In breve tempo i coniugi Woolf impararono a usarla e appresero quanto occorreva per stampare libri. Ne seguì, pochi mesi dopo, il battesimo della casa editrice Hogarth Press con un libriccino fatto circolare in 150 copie firmato da Virginia e Leonard Woolf, “Two Stories”, comprendente due loro brevi racconti – “The Mark on the Wall” di Virginia e “Three Jews” di Leonard – illustrati dalle silografie della pittrice Dora Carrington.
Di recente il libro, tradotto da Sara Grosoli, è stato pubblicato in Italia dalla casa editrice Oligo col titolo “Due racconti”, la riproduzione delle silografie e una breve storia della Hogarth Press. Entrambi i racconti meritano di essere letti: quello di Leonard si focalizza sulla figura di un custode di cimitero («occhi grigi dallo sguardo furbo e astuto, pince-nez dorato, e un naso» che «spiccava come la proboscide di un elefante con le sue floride curve e volute»); quello di Virginia – in cui risalta la tecnica del flusso di coscienza – è invece un rincorrersi di immagini, pensieri e divagazioni stimolati da un piccolo dettaglio.
Interessante è la storia della Hogarth Press, una realtà editoriale inizialmente di carattere familiare e artigianale (che consentì alla scrittrice britannica di pubblicare liberamente i suoi innovativi romanzi), divenuta in seguito punto di riferimento per il più avanzato universo culturale: tra i suoi titoli, “La terra desolata” di T. S. Eliot, “Preludio” di Katherine Mansfield e “Addio a Berlino” di Christopher Isherwood. Affermatasi sempre di più col passare degli anni, l’Hogarth Press accolse l’opera omnia di Sigmund Freud, i pamphlet di John Maynard Keynes, diverse traduzioni di classici russi e un paio di libri di Italo Svevo. Unico suo neo l’aver rifiutato l’“Ulisse” di James Joyce, più per l’elaboratissima lavorazione necessaria prima della stampa che per motivi estetici.
L’impegno editoriale, che si accompagnava allo sforzo creativo della scrittura, furono per Virginia – insieme alle amorevoli attenzioni del marito – un argine al suo male di vivere. Che però ebbe il sopravvento anche per l’acuirsi delle fobie causate dalle tensioni della guerra. Il 28 marzo 1941 la scrittrice, dopo essersi riempite le tasche di sassi, si gettò nel fiume Ouse per non ritornare più a galla.
Lasciando al marito una lunga e toccante lettera di ringraziamento, che così si concludeva: «Sei stato completamente paziente con me e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi saresti stato tu. Tutto se n’è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone avrebbero potuto essere felici più di quanto lo siamo stati noi».
Di Antonino Cangemi
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