Eprcomunicazione, l’unica agenzia di comunicazione quotata in Borsa
L’ad Camillo Ricci: “Regolare l’eccesso di ribasso nelle gare pubbliche, falsano la concorrenza”
| Editoria
Eprcomunicazione, l’unica agenzia di comunicazione quotata in Borsa
L’ad Camillo Ricci: “Regolare l’eccesso di ribasso nelle gare pubbliche, falsano la concorrenza”
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Eprcomunicazione, l’unica agenzia di comunicazione quotata in Borsa
L’ad Camillo Ricci: “Regolare l’eccesso di ribasso nelle gare pubbliche, falsano la concorrenza”
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L’ad Camillo Ricci: “Regolare l’eccesso di ribasso nelle gare pubbliche, falsano la concorrenza”
Nuovo appuntamento della rubrica “La parola ai comunicatori” de La Ragione. Ospite di oggi Camillo Ricci, amministratore delegato di EPRComunicazione, l’unica agenzia di comunicazione italiana quotata in Borsa. Passione, professionalità, trasparenza ed ecosostenibilità sono i valori cardine dell’azienda.
Qual è il core business della vostra agenzia che vanta già 30 anni di solide esperienze?
Siamo nati come un’agenzia indipendente a capitale italiano e in quest’ultimo anno abbiamo subìto una fortissima trasformazione. Il mondo intorno a noi è cambiato ad una velocità incredibile, così abbiamo scelto di intercettare la rivoluzione digitale per poterla gestire e proporre ai nostri clienti soluzioni innovative. Dopo un percorso faticoso ma stimolante di oltre un anno, abbiamo puntato alla quotazione in Borsa. Alla fine ci siamo riusciti e attualmente siamo l’unica agenzia di comunicazione quotata al mercato Euronext Growth di Milano.
Perché avete scelto di fare questo grande passo?
Perché siamo arrivati alla convinzione che non sempre “piccolo è bello”. Nel nostro mondo “piccolo è solo piccolo” e per sostenere la fortissima innovazione – che devi aspettarti dalla comunicazione – c’era bisogno di fare un vero salto di scala e quindi abbiamo fatto appello al mercato, acquisendo poi Justbit, un’agenzia con una fortissima connotazione digitale. Una realtà che ha saputo unire competenze tecnologiche, creatività e analisi dei dati. Anche perché ormai la capacità di saper leggere i dati è fondamentale per questo lavoro. Oggi siamo in grado di fornire una consulenza strategica che ha una forte sottolineatura digitale. Il nostro obiettivo è diventare per il mercato e per i clienti un interlocutore unico (non più intorno al tavolo l’agenzia digital, l’agenzia social, l’agenzia di relazioni pubbliche e istituzionali), che insieme al cliente elabora la strategia di comunicazione e poi la declina secondo le varie competenze. Contiamo più di 70 professionisti, che sanno lavorare sia sulle relazioni pubbliche tradizionali, sia sul digital che sull’integrazione di tutti i processi di comunicazione in formato digitale. Siamo riusciti a creare un contenitore in cui la cultura umanistica e quella scientifica si confrontano, tutto in chiave comunicativa.
Siete anche una delle tre aziende quotate in Borsa che possono vantare il titolo di società “B-Corp”.
Da anni ci siamo specializzati nella comunicazione della sostenibilità per le aziende. Abbiamo riflettuto sul fatto che per essere credibili, la prima cosa da fare fosse di essere noi per primi una società benefit (uno dei prerequisiti per diventare B-Corp); quindi abbiamo creato un piano di sostenibilità per l’azienda e di conseguenza abbiamo inviato la richiesta per essere riconosciuti come B-Corp. Oggi in Italia questo tipo di riconoscimento ce l’hanno non più di 200 aziende, anche perché il processo di selezione è molto serio.
Come si sviluppano concretamente queste scelte ecosostenibili?
Noi puntiamo anche ad obiettivi di bene comune: ci siamo dati un assetto di governance etica e sostenibile, operando anche nel concreto. Per esempio, abbiamo abolito la plastica negli uffici e recentemente abbiamo partecipato a delle iniziative in collaborazione con Legambiente, dedicando giornate di lavoro alla pulizia degli argini del Tevere. Ma non solo, abbiamo prima quantificato e poi azzerato le emissioni di CO2 della nostra azienda.
Quanto è importante la comunicazione nella creazione di valore per le aziende, in particolar modo per quelle quotate in Borsa?
Importantissimo! Oggi c’è la necessità di avere attenzione in tutti gli aspetti della reputazione di un’azienda, questo perché vi è una maggiore attenzione da parte degli amministratori delegati, ma anche da parte dei consumatori. Due componenti che vanno gestite con ascolto e professionalità. Non basta curare la reputazione aziendale, bisogna saperlo fare.
Cosa non deve mancare oggi per comunicare bene?
I grandi comunicatori saranno quelli che sapranno gestire il mondo digitale insieme alle modalità tradizionali come i giornali, la radio, la tv. Il comunicatore deve capire fino in fondo ed interiorizzare che è il contenuto a guidare il lavoro, e in aggiunta la rete di relazioni. Soprattutto non devono mancare l’ascolto (delle ragioni altrui, il dibattito di idee) e lo studio. Il mantra dovrebbe essere: studiare, lavorare, comprendere e a quel punto trovare le soluzioni migliori.
Qual è il tallone d’Achille nel mondo della comunicazione in Italia?
La comunicazione in Italia avrebbe bisogno di due importanti bonifiche: la prima riguarda la trasparenza nei rapporti di lavoro, senza sfruttare gli stagisti per esempio. Noi non li abbiamo per scelta. Questo è un tema che riguarda non solo la legalità e il rispetto dei diritti dei lavoratori, ma anche quello della concorrenza. La seconda sono le gare pubbliche: spesso i lavori appaltati vengono aggiudicati con ribassi che arrivano anche al 56%. Questo oltre ad essere un’anomalia, mortifica tutto il comparto lavorativo, anche dal punto di vista delle garanzie. Serve garantire un prezzo adeguato e che in quel prezzo ci sia una marginalità per l’azienda. Regolarizzare, quindi, anche l’eccesso del ribasso.
Oggi le aziende puntano molto sulla comunicazione digitale, ma è veramente quella che fa da traino oppure i giornali e la comunicazione tradizionale contano ancora?
Sì assolutamente, anche la comunicazione tradizionale ancora oggi è fondamentale in questo lavoro. Serve fare quel processo di trasformazione che integri l’editoria con l’online, come ha saputo fare benissimo per esempio il “New York Times”. Lo stesso vale per il comunicatore: non deve solo leggere un giornale ma essere in grado anche di rapportarsi con i social. E altra cosa, evitare assolutamente le marchette, sono come una droga, quando cominci a farle poi devi aumentare sempre di più.
Di Claudia Burgio
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