Federico Patellani, il fotografo della ripresa
| Editoria
Moriva quarantacinque anni fa Federico Patellani, il più grande fotoreporter italiano del Novecento. Fu il nostro Robert Capa, ispirando un diverso modo di relazionarsi con l’arte fotografica.

Federico Patellani, il fotografo della ripresa
Moriva quarantacinque anni fa Federico Patellani, il più grande fotoreporter italiano del Novecento. Fu il nostro Robert Capa, ispirando un diverso modo di relazionarsi con l’arte fotografica.
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Federico Patellani, il fotografo della ripresa
Moriva quarantacinque anni fa Federico Patellani, il più grande fotoreporter italiano del Novecento. Fu il nostro Robert Capa, ispirando un diverso modo di relazionarsi con l’arte fotografica.
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AUTORE: Agostino Curcio
Il più grande fotoreporter italiano del Novecento, il Robert Capa “de noantri”, moriva quarantacinque anni fa (nel febbraio 1977) lasciando un rimpianto fra i suoi eredi artistici. Federico Patellani avrebbe potuto fare ancora molto perché era nato il 1 dicembre 1911 a Monza, in una famiglia della buona borghesia professionale lombarda. Si avvicinò alla fotografia proprio grazie al padre (avvocato di peso del locale foro) che, oltre a regalargli una macchina a tendina di piccolo formato, gli insegnò lo sviluppo e la stampa fotografica in camera oscura.
Studiò legge all’Università ma nel 1935 partì militare nella guerra in Africa Orientale, come ufficiale dell’esercito italiano incaricato di fotografare le operazioni del Genio. Al suo ritorno in Italia scelse di fare il fotografo di professione e cominciò, a partire dal 1939, a collaborare con il rotocalco “Tempo”, primo settimanale italiano dedito al fotogiornalismo (come “Life”, per intenderci), con immagini che ‘raccontavano’ gli avvenimenti.
Di quel rotocalco Patellani costituì da subito un punto di riferimento anche per l’ideazione dei fototesti, cioè la descrizione delle fotografie con un breve testo esplicativo. La Seconda guerra mondiale lo consacrerà come “il fotografo di guerra”, con reportage sul fronte russo e poi nell’Italia dilaniata dalla guerra in casa (fra Repubblica di Salò e Regno d’Italia), fotografando gli effetti distruttivi dei bombardamenti su Milano e poi con la risalita degli angloamericani e dei loro alleati a Napoli (le quattro giornate di Napoli fra il 27 e il 30 settembre 1943), a Cassino (con il bombardamento dell’Abazia) e a Valmontone (ultima strenua battaglia degli angloamericani prima di entrare a Roma). Dopo la guerra è sua la fotografia icona della nascita della Repubblica con l’immagine della testa della giovane donna sotto il foglio del “Corriere della Sera”, che dette anche l’ispirazione alla serie di francobolli con la testa muliebre degli anni Cinquanta-Sessanta.
Fotografò la vita lavorativa in Fiat, in Italsider, nelle miniere di Carbonia ma anche eventi mondani come i concorsi Miss Italia, divenendo il fotografo della ripresa italiana. Non sarà però il fotografo icona della Dolce Vita né del boom economico, anche se continuerà a lavorare con successo economico fino alla morte scattando per “Epoca”, “La Domenica del Corriere” e “Storia Illustrata” immagini che verranno anche pubblicate in diversi libri di importanti case editrici di tutto il mondo. Resterà comunque il Robert Capa italiano per i suoi insegnamenti che darà ai suoi successori nella professione di reporter, ispirando un diverso modo di relazionarsi con l’arte fotografica.
di Agostino Curcio
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