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Garfield

Garfield, un gatto obeso senza padrone

All’inizio la striscia di Garfield si chiamava “Jon”. È il nome del padrone di Garfield, Jon Arbuckle

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Garfield, un gatto obeso senza padrone

All’inizio la striscia di Garfield si chiamava “Jon”. È il nome del padrone di Garfield, Jon Arbuckle

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Garfield, un gatto obeso senza padrone

All’inizio la striscia di Garfield si chiamava “Jon”. È il nome del padrone di Garfield, Jon Arbuckle

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All’inizio la striscia di Garfield si chiamava “Jon”. È il nome del padrone di Garfield, Jon Arbuckle

All’inizio la striscia di Garfield si chiamava “Jon”. È il nome del padrone di Garfield, Jon Arbuckle, nonché anche lui un disegnatore come lo stesso James Robert Davis detto Jim che ha ideato il fumetto. Tuttavia definire Jon il padrone di Garfield fu già un grosso azzardo sin dalla prima vignetta. L’8 gennaio 1976 l’alter ego di Davis si presenta infatti ai lettori come fumettista e informa loro che Garfield è il suo gatto, ma l’animale domestico ribalta subito la prospettiva nel suo balloon di pensiero: «Ciao a voi, sono Garfield. Sono un gatto è questo è il mio fumettista, Jon». La sudditanza è ineluttabile, le vignette successive un manifesto programmatico. Mentre Jon è emozionato e non sa come descrivere la striscia, l’impassibile e obeso gatto gli suggerisce di pensare a un tacchino (primum vivere, deinde philosophari). Nell’ultima, mentre Jon assicura che il loro unico pensiero è quello di intrattenere il pubblico, Garfield chiosa ingrugnato un «Nutrimi».

Difficilmente un inizio è mai stato così tanto chiaro ed esemplare sul tono e sul contenuto di un’opera. Soprattutto se il fumetto va avanti da quasi cinquant’anni senza essersi mai snaturato, con grande gioia dei fan della striscia “Garfield” (rinominata così già l’anno successivo all’esordio). Un destino ben diverso da quello della prima proposta di Davis, cioè una striscia quotidiana sulle avventure di un moscerino di nome Gnorm. Sebbene già in quelle vignette fossero presenti tutto l’umorismo e lo spirito dell’autore – tanto che Gnorm potrebbe essere considerato un proto-Garfield – nessuno aveva dato granché credito al personaggio. Così Gnorm saluta dopo due anni il pubblico del “Pendleton Times” e – un po’ per ironia, un po’ per esorcismo – Davis mette persino in giro la voce che la sua ultima striscia si concluda col personaggio schiacciato da una scarpa.

Era stato uno degli editor a mettere Davis sulla buona strada: «I disegni sono buoni, le battute grandiose, ma un insetto… nessuno può immedesimarsi in un insetto». Da una breve ricognizione di quello che pubblicavano i giornali statunitensi negli anni Settanta il fumettista aveva così notato che vi erano mute intere di cani ma pochi gatti. E nessuno davvero famoso nonostante le glorie passate di Krazy Kat, mentre Fritz the Cat era legato a un ambiente underground lontano dai quotidiani.

Garfield si dimostra un personaggio con cui ogni lettore può empatizzare immediatamente. Anche se non lavora, odia i lunedì come tutti lavoratori. Gli piace oziare, come a ogni persona normale. Adora le lasagne, cibo pigro e delizioso per eccellenza. Il suo cinismo allontana però ogni stucchevolezza da esagerata immedesimazione, infondendo di una certa cattiveria – infantile ma non sadica – le sue avventure. Una striscia nata con un meccanismo che nel tempo ha dimostrato una capacità ricombinatoria infinita e che ancora oggi è portata avanti dal team di 50 artisti della Paw.inc (zampa in inglese), la società fondata da Davis per gestire la dimensione globale del suo personaggio. Perché Garfield odia di certo la fatica e quindi lo sforzo di essere pubblicato ogni giorno su più di 2.500 giornali (un record certificato) devono ovviamente sobbarcarselo i suoi fumettisti.

di Camillo Bosco

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