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Giangilberto Monti: “Zelig nacque come resistenza umana e artistica alla superficialità”

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In occasione del 40° anniversario dello Zelig, esce “Zelig Republic: storia del cabaret più famoso d’Italia“, il nuovo libro del cantautore e drammaturgo Giangilberto Monti

Zelig

Giangilberto Monti: “Zelig nacque come resistenza umana e artistica alla superficialità”

In occasione del 40° anniversario dello Zelig, esce “Zelig Republic: storia del cabaret più famoso d’Italia“, il nuovo libro del cantautore e drammaturgo Giangilberto Monti

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Giangilberto Monti: “Zelig nacque come resistenza umana e artistica alla superficialità”

In occasione del 40° anniversario dello Zelig, esce “Zelig Republic: storia del cabaret più famoso d’Italia“, il nuovo libro del cantautore e drammaturgo Giangilberto Monti

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A quarant’anni dalla nascita di Zelig, il locale milanese che ha rivoluzionato la comicità italiana, Giangilberto Monti torna a quel mondo con “Zelig Republic: storia del cabaret più famoso d’Italia”, un libro che ricostruisce la storia, il clima culturale e le contraddizioni di un’esperienza unica. Testimone diretto degli anni in cui Zelig era ancora un laboratorio libero e sperimentale, Monti intreccia memoria personale e voci dei protagonisti per raccontare la “favola bella” e la “favola brutta” del cabaret più famoso d’Italia. Ne abbiamo parlato in questa chiacchierata, che apre uno sguardo privilegiato sul passato e sul presente della comicità italiana.

Perché proprio adesso questo libro? Cosa ti ha spinto a scriverlo?

Perché la storia raccontata risale ormai a quarant’anni fa, e io sono uno dei pochi testimoni oculari vivi e attendibili dei primi dieci anni, quando Zelig non era ancora in televisione (1986–1996). Racconto quel clima, ma mi incuriosiva anche capire cosa fosse successo dopo: perché questa “bolla enorme” è esplosa, perché poi c’è stato un fallimento. È un mondo che ha avuto un impatto enorme, non solo nella comicità ma nello spettacolo in generale.
Nessuno aveva ancora raccontato questa storia così, attraverso le testimonianze dei comici. Per questo nel libro ci sono tantissime interviste curate da Vito Vita, giornalista musicale che ha mantenuto uno sguardo neutrale. Il libro si chiude con un’ampia intervista a Giancarlo Bozzo, “l’ultimo dei Mohicani” e “principe di Zelig”.

Zelig è stato anche lo specchio dell’Italia che cambiava. Hai percepito un cambiamento nella comicità rispetto a quel periodo?

Sì, un cambiamento enorme, un vero e proprio degrado. Negli anni ’80 c’era la Milano da bere, la nascita delle TV commerciali: un intrattenimento leggerissimo, avanspettacolo televisivo. Zelig nasce come resistenza umana e artistica a quella superficialità. Nei primi dieci anni si sperimentava tantissimo.
Poi però la TV commerciale ha cambiato tutto: tempi strettissimi, richiesta di far ridere entro 20 secondi. È come se nel tennis eliminassi tutto tranne il servizio. Così sparisce la fantasia, il “colpo di teatro”.
Il pubblico all’inizio ride, poi si stanca: tormentoni, volgarità facile, talk show mascherati da comicità. Nel libro ci sono molte testimonianze chiare di questo decadimento.

Questo problema dei tempi “corti” sembra comune a tanti mondi, anche la musica.

È identico. È come se tu andassi a un concerto di Baglioni e pretendessi che all’inizio canti subito “Questo piccolo grande amore” e basta. Quando un impresario pretende da un comico solo la “macchietta” di 10 minuti, il pubblico alla fine si stanca. La differenza è sempre la stessa: arte contro mercato dell’arte.

Un tempo forse c’era anche più coraggio nel fare satira e nel dire cose scomode.

Il coraggio coincide con la trasgressione rispetto alla morale dominante. Dipende molto dal contesto: prova a fare satira politica nella Russia di Putin o nell’America di Trump. Il comico è sempre il bambino che dice “il re è nudo”. Negli anni della “favola bella” di Zelig si poteva sperimentare tutto. Con l’avvento della TV commerciale pesante, la sperimentazione sparisce: non c’è tempo. È come dire a Sanremo che il ritornello deve arrivare dopo 25 secondi. La gente però se ne accorge: quando può scegliere, sceglie. Anche per questo la memoria storica è importante.

Dal punto di vista dei materiali, come hai lavorato su foto e documenti? C’era un archivio?

Molto è arrivato dai comici stessi e dal mio archivio personale. Io nella mia carriera ho lavorato tanto con i comici, ho organizzato spettacoli, rassegne, e ho avuto modo di accumulare materiali.
Gli archivi ufficiali non concedono molto.
In più oggi il marchio Zelig è stato venduto per “salvare il salvabile”. Nel libro parlo anche della gestione infelice delle risorse economiche: è tutto verificabile e pubblico, compresi i bilanci.

Nel libro racconti anche la parte più dolorosa della storia. Temi che qualcuno possa prendersela?

Qualcuno forse non ha gradito, ma non c’è alcuna polemica. Racconto fatti pubblici, con precisione, senza malizia. Io ho sempre avuto un’etica nello spettacolo: non ho mai invidiato il successo degli altri.

C’è qualcosa a cui tieni particolarmente?

Sì, due frasi in apertura: una di Paolo Ciampi, artista puro con cui ho lavorato tanto, e una di Antonio Cornacchione che ironizza sui commercialisti: una battuta che riassume bene il clima dell’epoca.
Tengo anche a ricordare la pattuglia comica femminile, inizialmente poco valorizzata ma fondamentale: Lella Costa, Angela Finocchiaro, Carlina Torta e altre.

L’autore presenterà l’opera in una serie di incontri tra parole, musica e ironia, intrecciando aneddoti, canzoni d’autore e omaggi ai grandi classici del teatro-cabaret italiano.

Questi i prossimi appuntamenti:

27 novembre – Circolo dei Lettori (Palazzo Graneri della Roccia), via Bogino 9 (Torino) – ore 18.00
28 novembre – Teatro Munari, via Giovanni Bovio 5 (Milano) – ore 18.00

di Federico Arduini

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