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Fumetto

Gli albori fascisti di Topolino

Storia di Topolino e delle sue origini: dall’ amore di un editore di provincia alla cena tra Walt Disney e Benito Mussolini, un personaggio che ha attraversato la storia.
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È il 1932 quando la fascistissima famiglia Nerbini di Firenze rimane affascinata dalle “Allegre Sinfonie” di Walt Disney proiettate al cinema, tanto da chiedere al consorzio cinematografico E.I.A., che al tempo lo proiettava in tutta l’Italia, il permesso di curarne degli adattamenti fumettistici da pubblicare in una nuova rivista, intitolata consequenzialmente “Topolino”.

L’iniziativa editoriale fu felice, finché non giunse in redazione una lettera di fuoco inviata dall’editore torinese Carlo Frassinelli che aveva già pubblicato ben due volumi di storie illustrate di Topolino (tradotte da Cesare Pavese, che per eccessivo pudore non volle farsi accreditare) e che per questo si arrogava tutti quei diritti editoriali in Italia. La rivendicazione si rivelò poi infondata ma, per non interrompere le uscite, cautela consigliò ai Nerbini di creare dei personaggi sostitutivi e disegnati in maniera più tradizionale, senza balloon ma corredati di distici ottonari simil “Corrierino”: la coppia Rodilardo e Topinetta ma soprattutto Lino il Topo, che giustificò per diversi numeri il cambio di testata in “Topo-Lino”.

Cassate le pretestuose beghe di Frassinelli giunsero però quelle invece ben fondate di Guglielmo Emanuel, agente editoriale unico in Italia di quel potentissimo King Feature Syndicate detentore dei diritti dei fumetti di Mickey Mouse già pubblicati negli Stati Uniti: i Nerbini corsero allora a Roma, finalmente felici di acquistare i diritti delle storie del personaggio Disney che era stato rifiutato miopemente da tutti gli altri editori. Lino il Topo, ribattezzato in Sorcettino, continuò comunque ad apparire sporadicamente all’interno del settimanale, a testimonianza di un certo valore intrinseco dell’emulo, accompagnato da altri personaggi originali italiani come Pisellino.

Da lì il successo fu enorme, fin troppo per essere gestito da un medio editore di provincia: nel 1935 infatti, dopo una cena (nientemeno) fra Walt Disney e Benito Mussolini, la Mondadori, molto legata al fascismo, siglò un contratto in esclusiva con l’americano per pubblicare in Italia le storie di Topolino. Nonostante la forzatura, a fronte di una contropartita economica significativa e della possibilità di ristampare a piacimento quanto già edito, Nerbini venne a patti con Mondadori che così si appropriò di uno dei personaggi di maggiore successo dell’editoria fumettistica di quegli anni.

Le tribolazioni di Mickey Mouse non erano però finite: nel novembre 1938 il MinCulPop autarchico mise al bando tutti i fumetti esteri: unica eccezione consentita erano le creazioni di Walt Disney che però vennero anch’esse censurate a partire del 1942, a seguito dell’entrata in guerra degli Stati Uniti. Questo portò all’ultima metamorfosi di Topolino, ovvero Tuffolino: una ‘copia al lucido’ dei fumetti americani di Mickey Mouse, con l’espediente di umanizzare tutte le facce dei personaggi mantenendo però intatti vestiti, colori, situazioni e dialoghi. Sparì anche lui, comunque, col progredire della guerra.

Soltanto nel 1945, col fascismo definitivamente archiviato, Mondadori riprese la pubblicazione di quel Topolino che troviamo tuttora ad aspettarci in edicola.

 

 

di Camillo Bosco

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