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Francesca Caon

I dieci comandamenti delle PR, parla Francesca Caon

Oggi parliamo con Francesca Caon, fondatrice della Caon Public Relations che dal 2017 cavalca l’onda della comunicazione meneghina e dei trend del futuro
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I dieci comandamenti delle PR, parla Francesca Caon

Oggi parliamo con Francesca Caon, fondatrice della Caon Public Relations che dal 2017 cavalca l’onda della comunicazione meneghina e dei trend del futuro
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I dieci comandamenti delle PR, parla Francesca Caon

Oggi parliamo con Francesca Caon, fondatrice della Caon Public Relations che dal 2017 cavalca l’onda della comunicazione meneghina e dei trend del futuro
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Oggi parliamo con Francesca Caon, fondatrice della Caon Public Relations che dal 2017 cavalca l’onda della comunicazione meneghina e dei trend del futuro
Caon Public Relations è una realtà milanese giovane, fresca, al passo coi tempi. Un’agenzia di pubbliche relazioni specializzata in aziende, brand e imprenditori guidata da Francesca Caon che ha saputo sapientemente mettere a frutto gli insegnamenti di quella che lei definisce la sua mentore, Paola Comin, ufficio stampa dei più grandi personaggi televisivi, da Alberto Sordi a Mara Venier. Quando nasce CAON Public Relations e con quali obiettivi? CAON Public Relations è stata fondata nel 2017 con l’obiettivo di offrire servizi di consulenza e gestione delle pubbliche relazioni a clienti provenienti da diversi segmenti. Nel corso degli anni abbiamo consolidato la nostra posizione nel settore sviluppando sicuramente strategie di comunicazione efficaci ma, soprattutto, costruendo relazioni sempre più solide e basate sulla fiducia con i giornalisti e tutti i professionisti della comunicazione come autori televisivi, radiofonici, conduttori e, ovviamente, giornalisti e blogger. Insieme ai miei collaboratori, mi occupo di portare le storie delle aziende all’attenzione dei media, promuovendo l’autorevolezza, l’awareness e raggiungendo quindi per loro obiettivi di comunicazione. Personalmente mi sono avvicinata al mondo delle PR quasi vent’anni fa, quando lavoravo in contesti televisivi. Conobbi il mio mentore, Paola Comin, ufficio stampa dei più grandi personaggi televisivi come Alberto Sordi e Mara Venier. Oggi applico quanto lei mi ha insegnato nel management dei grandi artisti con gli imprenditori. Ho sempre avuto una passione fortissima per la scrittura, per il potere delle parole di trasmettere messaggi in modo efficace. Oggi, da giornalista e direttrice del mensile Luxury Magazine ho, secondo me, la capacità di empatizzare con i colleghi giornalisti e dar loro quanto hanno bisogno: notiziabilità prima di ogni cosa. Rispetto al passato, com’è cambiato l’approccio tra agenzia e media, soprattutto con i giornalisti? Oggi si è un po’ più famelici di notizie. Prima la carta stampata aveva un limite mentre col digitale e l’online abbiamo un’infinita possibilità di reperibilità di contenuti. Questo ha causato però anche una proliferazione di fake news, un vero boom in epoca pandemica, spesso perché si ha poco tempo di verificarle. Si è aggiunta una sorta di manipolazione delle informazioni e, secondo me, oggi le agenzie di comunicazione di pubbliche relazioni deve saperla affrontare. La vera sfida è la costruzione della fiducia e della credibilità della loro notizia e del loro messaggio a fronte di utenti più consapevoli e scettici. Una notizia può diventare virale in pochi istanti e noi dobbiamo essere in grado di adattarci e rispondere tempestivamente anche ai cambiamenti del panorama mediatico. Noi comunicatori, per questo, abbiamo una responsabilità enorme. Rispetto alla figura delle PR c’è ancora molta confusione. Perché? È una professione molto fraintesa in Italia, a differenza degli Stati Uniti (che è poi dove sono nate) dove chiunque, dal politico alla star di Hollywood, preferisce consultare un esperto in pubbliche relazioni prima che un avvocato. Mi sono, per questo, sentita di scrivere un libro che è uscito a Natale del 2000, “I dieci comandamenti delle PR”, per fare chiarezza. Una sorta di bussola per orientarsi in questo mondo. Il pubblico e le relazioni secondo me sono due parole importantissime, rappresentano tutte quelle strategie e azioni messe in atto per gestire e migliorare le relazioni. Essere un/a PR oggi significa essere un esperto nella gestione della reputazione, dell’immagine e delle comunicazioni di un’azienda o un individuo e noi ci occupiamo di costruire relazioni autentiche con i media. Secondo me, oggi, senza una narrazione positiva attorno al brand creata proprio con le PR, farsi percepire come migliori sarà sempre più difficile, anche per provare ad uscire dal mare magnum della concorrenza e quindi per questo CONTA l’opinione di un esperto (ho aggiunto conta perché sembrava che la frase si interrompesse…). Le PR sono chiamate a valorizzare al massimo brand e individui, persino veicolare messaggi positivi e di speranza. L’abbiamo visto durante la pandemia. La grande differenza tra pubbliche relazioni e pubblicità è il filtro attraverso il quale passa la notizia, cioè non è a pagamento. È meritocratica e organica, non tutti possono accedervi e soprattutto comporta la validazione di terze parti, ovvero i media. Nel visto della vostra agenzia i tre cardini su cui fondate il vostro lavoro sono appunto identità, visibilità e celebrità. Come si arriva a raggiungere questi tre step e quali gli ostacoli? Di ostacoli ce ne sono molti nel modo di fare comunicazione. Prima, ad esempio, accennavo al sovraccarico di informazioni. Per non parlare della presenza di numerosi canali di comunicazione e social media, blog, podcast. Ognuno rappresenta il giusto mezzo di comunicazione per ogni cliente perché non è più vero ciò che si diceva una volta, ovvero “bene o male purché se ne parli”. È importante, secondo me, comunicare con empatia, verità, facendo leva su quelle che io chiamo le tre U, cioè umanità, umiltà e utilità. Quando ci si confronta con un giornalista dobbiamo parlare il loro linguaggio e allo stesso tempo soddisfare le aziende. Comunicazione e nuove tecnologie: quale futuro? Ormai le nuove tecnologie svolgono un ruolo sempre più importante nella vita quotidiana delle persone. Noi comunicatori dobbiamo cogliere tutte queste opportunità e potenzialità offerte dall’intelligenza artificiale, non solo focalizzandosi sui possibili vantaggi finanziari ma considerando proprio l’impatto che ha sulla società e gli individui. Basta leggere i numeri: nel 2022 in Italia sono stati investiti 500 milioni di euro in IA. L’Economist, qualche settimana fa, ha pubblicato un dossier in cui prospetta che l’economia del metaverso varrà 13 trilioni di dollari nel 2030. Certo, ci sono anche casi che vanno nella direzione opposta. Molte aziende stanno cercando di promuovere il valore delle relazioni umane anziché tecnologiche. Un colosso giapponese come Nikon, ad esempio, ha lanciato una campagna senza precedenti dal nome “intelligenza umana”, spingendo la condivisione di foto fatte dai suoi clienti senza utilizzo di tecnologie di IA. Comunque, il cambiamento è già in atto, anche nella nascita di nuove professioni. Per esempio, il mercato della creator economy continua a crescere in modo esponenziale, 300 milioni di figure in tutto il mondo che generano un fatturato di oltre 100 miliardi di dollari. Questo settore, in Italia, genera introiti per 1,5 miliardi di euro e ci sono 350.000 Content Creator attivi. Dati in crescita del +20% anno su anno. Bisogna rispettare questa evoluzione, tecnologica e non, e farne tesoro. di Raffaela Mercurio  

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