“Il mio prossimo libro sarà una storia vera”, parla Andrea De Carlo
Andrea De Carlo è una delle penne italiane più apprezzate: si racconta in un’intervista intima e poliedrica, proprio come la sua persona
| Editoria
“Il mio prossimo libro sarà una storia vera”, parla Andrea De Carlo
Andrea De Carlo è una delle penne italiane più apprezzate: si racconta in un’intervista intima e poliedrica, proprio come la sua persona
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“Il mio prossimo libro sarà una storia vera”, parla Andrea De Carlo
Andrea De Carlo è una delle penne italiane più apprezzate: si racconta in un’intervista intima e poliedrica, proprio come la sua persona
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Andrea De Carlo è una delle penne italiane più apprezzate: si racconta in un’intervista intima e poliedrica, proprio come la sua persona
Andrea De Carlo è un uomo plurivalente. Musicista, pittore, artista ma soprattutto scrittore. Ha superato da tempo il milione di copie vendute, i suoi bestseller come “Treno di panna”, “Due di due”, “Macno” e “Uccelli da gabbia e da voliera” hanno trovato riscontro anche all’estero, se è vero che è stato tradotto in ventisei lingue.
L’intervista parte da un libro destinato ai bambini, che però non è tutto suo: “I vestiti di Batuc” è scritto infatti da sua figlia Malina, con le illustrazioni di Andrea De Carlo. «Le prime illustrazioni di questa storia per bambini le avevo fatte quando avevo 23 anni. Le avevo dimenticate su un treno per Boston, così sono stato costretto a ridisegnarle e quindi ho deciso di collaborare con mia figlia a cui ho chiesto di scrivere un testo. Così è nato il libro. Scrivere è un lavoro molto solitario, mi dispiaceva non passare a lei il testimone e questa era una splendida occasione».
Settantun anni appena compiuti, il suo primo romanzo (“Treno di panna”) uscì 41 anni fa. Oggi che la gente legge meno, se De Carlo rifacesse la stessa strada non andrebbe allo stesso modo e lui lo sa: «Sarebbe molto difficile. All’epoca sembrava già anomalo che un giovane scrivesse un romanzo. Italo Calvino aveva letto “Treno di panna” prima ancora che uscisse e lo aveva fatto pubblicare da Einaudi, scrivendone anche un’introduzione. Qualcosa che oggi non potrebbe più accadere. Gli editori sono inondati da migliaia di manoscritti, pubblicano troppi libri e non li seguono più. Non c’è più attenzione e ci si preoccupa più di quanto è noto l’autore invece della qualità della scrittura».
Forse non sarebbe stato lo stesso uomo o scrittore, ma l’impronta rimane, come la scelta di non sviluppare le trame sull’attualità: «Nei miei romanzi inserisco i temi di fondo nei quali ci dibattiamo. Da “Uccelli da gabbia e da voliera”, in cui si affrontava il tema del terrorismo, a “Io Jack e Dio”, nel quale vi sono argomenti religiosi, cerco sempre di non contestualizzare il manoscritto in un tempo definito. Forse anche per questo affluiscono nuovi lettori». Ed è proprio per l’attenzione verso temi differenti che vale la pena di sapere cosa pensa De Carlo dell’intelligenza artificiale applicata alla cultura: «Quello che fa paura è il fatto che venga usata per rubare la creatività a chi le storie le crea con la propria sensibilità e adottare uno stile grazie a un algoritmo capace di riprodurlo. Lo stile nasce anche e soprattutto dalle imperfezioni, allo stesso modo in cui una bella faccia non è necessariamente perfetta. È più interessante se non lo è. Sì, l’intelligenza artificiale fa paura, se pensiamo alle implicazioni che potrebbe avere».
Parlando di autenticità, viene naturale chiedergli se la sua vita sia mai entrata dentro i suoi romanzi: «Non ho mai avuto una vita particolarmente regolare ed è da lì che attingo. Però ho sempre preferito far parlare i miei personaggi, non ho mai scelto di raccontarmi o espormi in prima persona». Andrea De Carlo non è in effetti un personaggio che ami particolarmente la ribalta al di fuori del suo ambito. L’ha conosciuta per esempio in occasione della relazione (finita nel 2007) con l’attrice Eleonora Giorgi, che oggi sta lottando contro un tumore: «L’ho scoperto leggendo i giornali, le ho mandato un messaggio. È una donna piena di energia, sono convinto che riuscirà a venir fuori anche da questa storia, che mi ha inevitabilmente colpito».
Si intuiscono il disagio verso una storia passata e una vicenda tanto grave, così la conversazione vira sul rapporto coi lettori e la dinamica dei social che resta deludente: «All’inizio mi entusiasmava avere una vetrina e un dialogo con i lettori. Però quello che succede nella realtà è diverso, inferiore a quanto mi aspettavo. Il dialogo è limitato, puoi avere la sensazione che il tuo libro piaccia o meno, i lettori ti mandano giudizi elaborati, ma un dialogo vero non sembra esserci. Non ha cambiato molto alla fine».
È interessante sapere se dopo tanti successi non abbia voglia di sperimentare una nuova parte di sé, di trovare un’alternativa allo stile che lo ha condotto fin qui: «Anche se quando finisco un romanzo non so mai se ne farò un altro, direi proprio di sì. Chiunque faccia un lavoro artistico ha il dovere di non appoggiarsi sempre sullo standard che funziona. Il patto morale è tentare strade nuove. Il mio prossimo romanzo è infatti qualcosa di completamente nuovo rispetto al passato: sarà legato a una storia vera e molto personale. E comunque non frutto di un’invenzione».
di Lapo De Carlo
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