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La difficoltà nel pubblicare Il Signore degli Anelli

Il Signore degli Anelli, una saga diventata un classico della letteratura del Novecento, e il tortuoso viaggio verso la sua pubblicazione

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La difficoltà nel pubblicare Il Signore degli Anelli

Il Signore degli Anelli, una saga diventata un classico della letteratura del Novecento, e il tortuoso viaggio verso la sua pubblicazione

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Il Signore degli Anelli, una saga diventata un classico della letteratura del Novecento, e il tortuoso viaggio verso la sua pubblicazione

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Il Signore degli Anelli, una saga diventata un classico della letteratura del Novecento, e il tortuoso viaggio verso la sua pubblicazione

Come spesso succede, quando la politica s’intromette in questioni non sue finisce per deturparle. Questo è il caso dell’interpretazione data a una saga che rimane un classico della letteratura del Novecento e non solo: “Il Signore degli Anelli”.

È noto infatti come il capolavoro scritto da John R. R. Tolkien (1892-1973) abbia avuto diverse interpretazioni o, meglio, sia stato ideologicamente utilizzato da questa o quella parte politica. Negli Stati Uniti sono i figli dei fiori a erigerlo come proprio totem. In Italia fu invece l’estrema destra che se ne appropriò. Al di là di quel che se ne può pensare, rimane un classico che ha tanto da trasmettere a chi lo voglia leggere e ascoltare senza farlo rientrare in tanto rigidi quanto vani recinti ideologici.

Uscito in Inghilterra tra il 1954 e il 1955, “Il Signore degli Anelli” non fu però semplice da pubblicare, non come “Lo Hobbit” (1937). La mole dell’opera fu infatti motivo di angoscia per l’editore Stanley Unwin. Poco convinto, il filologo e linguista britannico dovette comunque accettarne la divisione in tre tomi: i costi di stampa in volume unico sarebbero stati altrimenti non sostenibili.

La cosa interessante, invece, è la ricezione italiana dell’opera. Meglio, la reale difficoltà nel trovare un editore. Ne parla in un volume Velania La Mendola: “Tolkien e Il Signore degli Anelli. Storia editoriale di un capolavoro” (Luni Editrice). Se oggi ormai siamo abituati a vederlo per quel che è – un capolavoro appunto, eppure le (legittime) resistenze ideologiche permangono – la storia della traduzione italiana è alquanto tortuosa.

Proposta alla Mondadori, nel dicembre del 1954, l’opera tolkieniana incontrò il primo rifiuto. Per motivi monetari, sicuramente, ma anche per la mancanza di una collana in cui collocarla. Ma a distanza di quasi dieci anni, nel 1962, ricevette un secondo rifiuto, non banale. Interpellato per un giudizio, Elio Vittorini scrisse infatti che «Tolkien dà prova di non essere [un genio]». Inoltre, il volume avrebbe avuto bisogno – senza buon esito, a detta del critico letterario – di mostrare una qualche sua attualità. E così il classico di Tolkien si ritrovò senza un’edizione italiana finché una piccola casa editrice, Astrolabio, non tentò l’impresa. Pubblicato però il primo volume a fine 1967, l’impresa divenne un fallimento: troppi i costi, scarsissimo il successo riscosso.

Bisognava aspettare una casa editrice fuori dagli schemi, ma con la forza di cui aveva bisogno il testo. Ecco che Edilio Fortunato Rusconi, un solido editore dell’epoca, se ne fece carico grazie al direttore editoriale Alfredo Cattabiani, allo studioso Elémire Zolla e a Quirino Principe. E “Il Signore degli Anelli” avrebbe avuto buoni compagni di viaggio nel catalogo, certamente non riconducibili al canone allora (e oggi) in voga: Eric Voegelin, Simone Weil, Giuseppe Berto, Mario Pomilio. Ecco che nel 1970 i lettori italiani poterono infine godere dell’intera traduzione dell’opera.

di Carlo Marsonet

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