La longevità di Superciuk, Alan Ford e tutto il gruppo TNT
Il successo intramontabile della squadra di spie più bislacca del fumetto italiano.
| Editoria
La longevità di Superciuk, Alan Ford e tutto il gruppo TNT
Il successo intramontabile della squadra di spie più bislacca del fumetto italiano.
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La longevità di Superciuk, Alan Ford e tutto il gruppo TNT
Il successo intramontabile della squadra di spie più bislacca del fumetto italiano.
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Il successo intramontabile della squadra di spie più bislacca del fumetto italiano.
Quando nel 1969 Luciano Secchia (col nom de plume di Max Bunker) e Roberto Raviola (disegnatore noto ai più con lo pseudonimo di Magnus) diedero alle stampe il fumetto “Alan Ford” compirono una svolta notevole rispetto ai loro passati successi “Kriminal” e “Satanik”, fumetti neri dall’incredibile successo.
Nucleo della serie è il “Gruppo TNT”: una scalcinatissima squadra di spie, vera accozzaglia di uomini sui generis dalle doti fisiche e intellettive improbabili che nella loro prima missione reclutano, scambiandolo per spia, il biondo Alan Ford. Questi è un giovane grafico pubblicitario, belloccio e ingenuo, perfetto contraltare del capo della banda, conosciuto come “Il Numero Uno”: un vecchio paralitico dalla lunga barba bianca e assai scorbutico, che si muove su una rustica sedia generosamente gommata. La sua età, indefinibile, l’ha reso smaliziato e negli anni è venuto a conoscenza di molti sporchi segreti che immancabilmente usa per ricattare chiunque gli neghi un favore.
Completano il gruppo lo sciroccato inventore crucco Otto Grunf, l’obeso Cariatide e l’ipocondriaco Geremia, il pappagallo Clodoveo e il bracco Cirano nonché il tarchiato nasone Bob Rock e l’azzimato truffatore Conte Oliver, questi ultimi trasposizione fumettistica dei due autori: il primo di Magnus, il secondo di Bunker.
Come può suggerire la descrizione dei protagonisti, il fumetto – che aveva un tono grottesco e talvolta surreale – non fu inizialmente facile da comprendere per il pubblico italiano, abituato a cowboy e ladri crudeli. Le storie erano inoltre parodie dei racconti spionistici o investigativi ma senza limitarsi a un genere preciso, risultando così palatabili soltanto per quei lettori disposti a un piccolo sforzo supplementare.
La svolta avviene quando gli autori decidono di introdurre nella saga il paradossale Superciuk, un Robin Hood all’incontrario che ruba ai poveri per dare ai ricchi. È in realtà l’alter ego di un netturbino che odia i poveri perché pulciosi e produttori di sporcizia, mentre ama i ricchi che vivono nella pulizia grazie al loro denaro e che quindi ne meritano ancora di più: un villain dalla logica spiazzante.
Dopo essersi scolato una damigiana di Barbera, Superciuk è capace di volare e sconfiggere chiunque con la sua fiatella alcolica (o cipollosa, a seconda dell’episodio). Il personaggio riscuote immediatamente un successo travolgente, che obbliga l’editore a ristampare più volte il volume per venire incontro alle richieste delle edicole.
Col tempo Superciuk diventerà per molti la chiave di lettura per capire e apprezzare il tono della serie, piazzandola sull’onda lunga che, dopo aver sfondato la quota di 600 albi editi, dura ancora oggi.
Trovare in edicola questo piccolo fumetto, dopo più di cinquant’anni dal suo esordio, è la prova che talvolta in Italia è possibile diventare un ‘classico’ facendo qualcosa di diverso che scardini le sicurezze del pubblico. Basta servire il vino giusto, a quanto pare.
di Camillo Bosco
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