La storia del ladro di libri
La storia del ladro di libri
La storia del ladro di libri
In molti lo hanno già ribattezzato “il ladro di best-seller”, nel mondo è famoso come “spine collector”, il collezionista di dorsi (di libro). Per cinque anni è stato l’incubo e allo stesso tempo il caso più avvincente dell’editoria internazionale. Dal 2016 rubava manoscritti a editor, ad autori e alle più famose case editrici del mondo con un sistema accuratissimo. Tra le sue vittime anche Margaret Atwood, Sally Rooney, Ethan Hawke e Stieg Larsson, di cui era venuto in possesso, prima della pubblicazione, dell’attesissimo quinto volume della serie “Millennium”. Ha provato anche a impossessarsi prima di tutti di un nuovo libro di Elena Ferrante. Ma il suo bersaglio non erano solo grandi scrittori affermati, si interessava anche ad autori emergenti. Dove finissero però quei preziosi manoscritti nessuno è mai riuscito a scoprirlo.
Nonostante l’altissimo potenziale economico, nessuna traccia di quegli scritti inediti è stata trovata online, nel dark web o nelle aste editoriali né tantomeno sono stati pubblicati sotto altro nome in continenti diversi. Un altro mistero che ha alimentato le teorie più disparate: c’è chi ha pensato che dietro i furti ci fosse l’Fsb (il servizio di sicurezza russo) oppure la Cina. Si è arrivati addirittura a sostenere che fosse la mafia ad architettare i raggiri.
Il più famoso ladro di libri al mondo, però, sarebbe italiano. In attesa di giudizio, Filippo Bernardini, 29enne originario di Amelia, in Umbria, è stato arrestato dall’Fbi lo scorso gennaio all’aeroporto JFK di New York per poi uscire su cauzione alcuni giorni più tardi. Traduttore e dal 2019 coordinatore dei diritti della casa editrice americana Simon & Schuster, Bernardini a inizio febbraio si è detto non colpevole, ma se l’accusa a suo carico di frode telematica e furto d’identità fosse confermata rischierebbe fino a 20 anni di carcere.
Il ladro di libri – Bernardini o chi per lui – agiva in modo preciso, senza sbavature. Un piano tanto semplice quanto infallibile: creava mail false ma molto simili a quelle reali, in alcuni casi cambiava soltanto una lettera; poi, grazie alla profonda conoscenza del settore, riusciva a raggirare il malcapitato di turno facendosi inviare il manoscritto. Usava termini gergali del settore (come ms al posto di manuscript) e spesso era a conoscenza di informazioni private dell’interlocutore di cui era entrato in possesso hackerando un’agenzia di scout letterari di New York. Tanta fatica per cosa? Scartata l’ipotesi dell’interesse economico, nessuno ha ancora capito il motivo della lunga rincorsa all’inedito. Forse è il più banale: il ladro di libri voleva semplicemente leggerli prima di tutti.
di Giacomo ChiuchioloLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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