Le domande della Pimpa
| Editoria
Creata da Altan ispirandosi alla figlia, è la bandiera (a pois) della libertà della fantasia.
Le domande della Pimpa
Creata da Altan ispirandosi alla figlia, è la bandiera (a pois) della libertà della fantasia.
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Le domande della Pimpa
Creata da Altan ispirandosi alla figlia, è la bandiera (a pois) della libertà della fantasia.
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AUTORE: Camillo Bosco
La Pimpa esordisce nel 1975 sul “Corriere dei Piccoli” e per il suo creatore, il trevigiano Francesco Tullio Altan, diventa una compagna di lavoro inseparabile. Nasce nella sua mente quando vede la figlia sbattere contro un mobile durante un gioco; la piccola, ferita più nella fiducia che nel corpo, si rialza per rimproverare la sedia inerte chiedendole perché sia così cattiva, così determinata a farle la bua. Per un adulto sarebbe un comportamento da neurodeliri ma Altan capisce che nell’infanzia tutto ci parla e ci risponde alla maniera che desideriamo immaginare: i contorni della realtà non sono definiti dalle esperienze spesso amare e sicuramente limitanti della vita – e che abbondantemente ha rappresentato nei suoi precedenti fumetti – ma invece mantengono una plasticità duttile legata alla potenza della fantasia.
Se un bastone in mano a un bimbo può diventare un fucile, perché allora non può una sedia discolparsi per la sua stolida goffagine?
Deciso a conservare questo meraviglioso tono d’ingenuità, Altan quel bel giorno disegna così un fumetto tondo e colorato in cui il baffuto Armando esce a cercare dei frutti da mangiare, ma al di là di un cespuglio non coglie fragole bensì i pois rossi del manto bianco di una cagnetta che da lì in poi tutti conosceranno come Pimpa. Quando scrivo tutti, intendo proprio tutti: non solo il bonario Armando, ma anche il termometro o il sole o una lampada o le stelle, persino le colline. Ogni elemento presente nelle storie è infatti suscettibile alle sue domande e il mondo intero è in uno stato di interlocuzione costante e paritaria con il musetto a pois della cagnetta. Il personaggio di Altan però non si limita a parlare con gli oggetti: nonostante l’ovvia differenza estetica, la mimesi comportamentale della Pimpa con una bambina umana è completa (eccetto che per i capricci) e nel suo rapporto con Armando vi è il riflesso del legame educativo che si stabilisce naturalmente tra genitore e figlia. La Pimpa infatti deriva il suo modus operandi dalla curiosità tipica dei preadolescenti: ai suoi dubbi Armando risponde con spiegazioni di buon senso e prescrizioni accorte che non sono inculcate per limitare il suo spirito di ricerca ma anzi per soddisfarlo, arricchirlo e rinforzarlo. Altan ha in pratica donato a sua figlia una sorella letteraria, impiegando le potenzialità atemporali del medium fumetto per allestire un carosello potenzialmente infinito di fiabe che non si limitano alla disposizione didascalica di una serie di comportamenti da seguire, ma che vogliono riverberare e ispirare lo stesso atteggiamento da cui sono scaturite. Se è vero l’antico adagio “abisso chiama abisso”, la Pimpa – con il suo disegno morbido e semplice, le forme tondeggianti e chiare, i colori vividi e leggermente sfumati – è un fumetto in cui la “purezza chiama purezza”, proponendo un’esistenza ingenuamente e spassionatamente interessata a tutto ciò che la circonda. D’altronde, in mare, l’altano è quel vento leggero che spira da Levante e Altan non da meno soffia nella nostra fantasia la grazia lieve della sua Pimpa, spirito inesauribile votato alla scoperta del mondo con gli occhi freschi dell’infanzia. Di Camillo BoscoLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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