Steve Dikto, Stan Lee e Jack Kirby. Spider-Man, la storia di una scommessa editoriale vinta da un gruppo di autori ambiziosi.
È l’estate del 1962 e tra le scrivanie degli uffici della Marvel Comics si muove uno Stan Lee raggiante: ha vinto la sua scommessa, dimostrando con il successo della testata “I Fantastici Quattro” che il fumetto non si deve limitare al pubblico infantile ma si può invece vendere anche a quei milioni di lettori, ormai adulti, cresciuti leggendo i supereroi della golden age come Superman e Batman.
Stan vorrebbe ora fare il bis con un altro best seller e il disegnatore Jack Kirby, già coautore di Capitan America, gli propone un uomo dai poteri ragneschi – Lee era infatti rimasto affascinato dai racconti dell’eroe pulp “Il Ragno” di Harry Steeger – rimaneggiando il suo vecchio personaggio “La Mosca” col nuovo nome di “Ragno d’Argento”. Ma concepisce un supereroe troppo muscoloso e legato allo stereotipo.
Steve Ditko invece inquadra bene il nuovo gusto che Stan vorrebbe dare ai fumetti Marvel e si autoritrae in un personaggio occhialuto dalla corporatura asciutta che convince quasi immediatamente l’editor, vestito con una tutina (inizialmente viola e arancione) ispirata a un catalogo di costumi di Halloween per bambini prodotti nel 1954 dalla Ben Cooper Incorporated e dotato di lancia-ragnatele meccanici, probabilmente suggeriti da una supereroina nata nel 1941 e chiamata Spider Queen.
Stan Lee allora delinea il personaggio per la prima storia: si tratterà di un adolescente orfano che vive con gli zii a New York, ma nel borgo periferico del Queens, e che acquisisce i suoi poteri dopo il morso di un ragno radioattivo; ma soprattutto gli interessa che il suo animo sia adombrato dalla paura di essere inadeguato, rifiutato o lasciato solo. Come quello di qualsiasi ragazzo della sua età. A Martin Goodman, il patron della casa editrice, proprio non va giù l’idea di realizzare un supereroe con un’allure così nerd da renderlo indistinguibile dal ragazzo medio, ma Lee si impunta sostenendo che il bello stia proprio nel leggere storie dove una persona qualunque deve gestire dei superpoteri mentre procede a tentoni nella sua vita. Un personaggio che giudica senz’altro più intrigante di un alieno invincibile o di un riccone con l’ossessione per i chirotteri.
Alla fine, grazie al classico contentino da editore cerchiobottista, ottiene sì la pubblicazione ma su una testata di cui era già programmata la chiusura, ovvero “Amazing Fantasy”, così da poter eventualmente limitare i danni di questo bizzarro personaggio. Come invece aveva previsto Stan, Spider-Man otterrà immediatamente il riscontro del pubblico, forse anche per l’iconica copertina disegnata da Kirby, tanto da ottenere una sua testata nel 1963 che per continuità manterrà l’aggettivo della serie d’esordio titolandosi “The Amazing Spider-Man” e avviando una vigorosa carriera editoriale che continua tutt’oggi, gemmata in una miriade di rivoli di serie animate, film e merchandising.
Il motivo di questa attenzione è stato sicuramente la creazione di un personaggio fresco: scanzonato, loquace, scherzoso ma anche capace di comunicare intense emozioni drammatiche, specialmente nelle vicende che riguardano più propriamente il ragazzo dietro la maschera, cioè Peter Parker, e renderci partecipi delle sue disavventure con bulli, fidanzate e lutti familiari.
E proprio dalla morte dell’amato zio di Peter – Ben Parker, perito involontariamente a causa di un momento di egoismo del nipote – deriva la sua frase più famosa: «Da grandi poteri derivano grandi responsabilità». Un motto semplice ma di grande impatto che ha esplicitato la morale massima del fumetto supereroistico, aiutando quel genere a evolversi in accordo con la società moderna.
di Camillo Bosco
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Tag: giovani
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