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Elisabetta Nicolini di Joydis

Ogni azienda ha un’anima, parola di Elisabetta Nicolini

Elisabetta Nicolini, CEO di Joydis, ci racconta come il marketing sia sempre più legato alle emozioni. Ogni azienda ha un’anima, l’importante è saperla comunicare
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Ogni azienda ha un’anima, parola di Elisabetta Nicolini

Elisabetta Nicolini, CEO di Joydis, ci racconta come il marketing sia sempre più legato alle emozioni. Ogni azienda ha un’anima, l’importante è saperla comunicare
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Ogni azienda ha un’anima, parola di Elisabetta Nicolini

Elisabetta Nicolini, CEO di Joydis, ci racconta come il marketing sia sempre più legato alle emozioni. Ogni azienda ha un’anima, l’importante è saperla comunicare
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Elisabetta Nicolini, CEO di Joydis, ci racconta come il marketing sia sempre più legato alle emozioni. Ogni azienda ha un’anima, l’importante è saperla comunicare
Esiste un fil rouge capace di creare un legame tra i brand e le persone attraverso il linguaggio delle emozioni e l’identificazione. Ogni azienda ha un’anima: ciò che conta è riuscire correttamente a comunicarla. È ciò che fa Joydis, società nata nel 2005 focalizzata inizialmente su eventi. La crescita è immediata e Joydis inizia a specializzarsi in quello che Elisabetta Nicolini, CEO dell’azienda, definisce lifestyle marketing. Oggi Joydis è una struttura open source che offre servizi quali comunicazione integrata, marketing emozionale, event marketing ma anche ufficio stampa e PR e management di atleti, influencer e talent. Dal 2005 ad oggi, in che modo è cambiata la vostra mission? Ci siamo continuamente evoluti e trasformati come richiede il poliedrico mondo della comunicazione. Il nostro approccio è sempre stato quello di riconoscere l’identità e l’anima nei nostri clienti, brand o prodotti, e connetterle con i loro clienti/consumatori. In che modo? Studiando associazioni con i loro stili di vita, la cultura o le loro passioni, cercando di creare una connessione emozionale. Il nostro intento era ed è ancora oggi creare progetti, eventi e situazioni che utilizzano linguaggi dalle forti connessioni valoriali. Quali sono i settori con maggiore potere emozionale? Noi lavoriamo in tanti mondi, sostanzialmente non siamo mai stati verticali su un settore merceologico. Sport, musica, arte e cinema, tutte situazioni che se studiate, personalizzate ad hoc per ogni brand e valorizzate portano ad una comunicazione esperienziale efficace, creando un legame autentico tra persone e brand. Oggi è sempre più importante la customer experience. Definirne i contorni, le regole e le modalità. Per noi comunicare un brand attraverso le emozioni è sempre stato qualcosa di assolutamente naturale, anzi necessario. E questo vale per qualsiasi settore: alcuni, per natura, possono apparire più ‘freddi’, il nostro compito è proprio renderli empatici. Quando ci riusciamo si crea nel cliente un sentimento di appartenenza al brand che diventa fedeltà e quindi successo. L’esigenza di una comunicazione emozionale è recente o ha radici profonde? Noi parliamo di marketing emozionale da sempre, quando ancora non era scontato farlo. Oggi tutti ne hanno capito l’importanza e c’è stata sicuramente un’accelerazione in questa direzione. Non solo per le aziende B2C, anzi. Ogni azienda, anche una realtà B2B, ha la possibilità di costruire una relazione emozionale con il proprio target. Una possibilità che in realtà è una fantastica opportunità da sviluppare: costruire un progetto fatto di elementi autentici che consenta di evidenziare i valori reali di un’azienda. L’autenticità è sicuramente la chiave per creare empatia. Cosa ci racconti della vostra pluriennale partecipazione al Festival del Cinema di Venezia? Partecipiamo alla Mostra del Cinema di Venezia con diverse attività ormai da 15 anni. Se parliamo di emozioni è sicuramente un evento speciale che offre alle aziende tantissime opportunità differenti. Un’esperienza che negli ultimi due anni abbiamo condiviso anche con voi de La Ragione. I contenuti che avete portato sul Lido, organizzando interviste e talk dal palco della Lounge di Fondazione Ente dello Spettacolo, hanno rappresentato un punto di incontro tra il meraviglioso mondo del cinema ed altri mondi. Questo è un aspetto interessante ed è quello che noi cerchiamo di fare in ogni contesto in cui lavoriamo. Uno spazio che nasce per essere dedicato a un tema specifico, il cinema, si è aperto ad altro, ha accolto qualcosa di nuovo connettendosi ad altri mondi come sport, industria, impresa, sostenibilità, ed è stato un successo. Gli appuntamenti di Fulvio Giuliani e le sue interviste hanno fatto la differenza. La comunicazione ieri, la comunicazione oggi: quali le differenze? La comunicazione è sempre più digital e integrata. La customer experience non può prescindere dalla parte digital. Non vuol dire che vada abbandonata la parte offline, ma che le emozioni, e quindi fedeltà e identificazione con i brand, vanno costruite in ottica multicanale, in ottica phygital, per intenderci. Quando si ottiene una fusione tra il mondo connesso e quello “reale” si vince. La fluidità tra online e offline è al centro di tutto quando parliamo di comunicazione. I nostri clienti sanno che per raccontarsi, per parlare della propria identità e dei propri valori, devono connettersi in maniera profonda alla comunità a cui si rivolgono intercettandone gli stili di vita.  I consumatori oggi non si limitano ad accogliere i messaggi ma li rielaborano e sono in grado di rispondere a loro volta. La comunicazione è diventata prima di tutto bidirezionale. Questo va considerato sempre. I cambiamenti nella comunicazione sono figli di mercati incerti, complessi, ambigui. Avvengono velocemente e bisogna essere in grado di coglierli in tempo reale, per trasformare il cambiamento in opportunità. Un esempio di comunicazione riuscita alla quale sei maggiormente legata? Gli esempi sarebbero tanti, troppi! Come ho detto, è sostanziale capire in profondità il valore di un’azienda per aiutarla a connettersi con le persone. Quando si riesce a fare questo i risultati arrivano e la soddisfazione è tantissima. E quando parlo di persone non intendo solo i clienti. Negli ultimi mesi abbiamo ricominciato a organizzare convention e appuntamenti aziendali come family day o open day e il lavoro va sempre nella medesima direzione: costruire una strategia di comunicazione e un evento che coinvolgano le risorse aziendali in modo intimo ed emozionante. Devono realmente sentirsi parte di una comunità, sentirsi connessi fra di loro, sentirsi importanti. Questo tipo di evento è sempre una grande sfida, di solito le risorse economiche sono poche e le aspettative alte. Ma quando si centra l’obiettivo la soddisfazione è grande. Tra i progetti di comunicazione di cui vado maggiormente fiera e a cui sono maggiormente legata, rientrano sicuramente quelli con atleti e talent, un lavoro davvero sfidante perché bisogna fare massima attenzione alla coerenza tra i valori del brand e quelli che rappresenta il talent. Ormai è una cosa scontata da dire, è un po’ meno scontato metterla in pratica. Anche in questo caso, quando ci si riesce l’operazione di comunicazione non può che essere un successo. L’esigenza del consumatore finale di empatizzare con il prodotto/servizio, nel tempo è aumentata o diminuita? Decisamente aumentata. Le persone oggi più che mai cercano prima di tutto un’esperienza da ricordare, un’emozione da vivere, un brand in cui riconoscersi. Vogliono una relazione di valore anche con un brand che scelgono su uno scaffale. È proprio per questo motivo che la Brand Purpose è diventata tanto importante. Come si sente dire spesso “oggi anche i brand devono fare la loro parte” ed è così che creano empatia, perché diventano in qualche modo umani. Parlando di emozioni, hai avuto l’opportunità di incontrare Papa Francesco. Cosa si prova in un momento del genere? La Fondazione Ente dello Spettacolo è stata ricevuta in udienza privata da Papa Francesco. È stato un appuntamento storico, che corona un anno di celebrazioni per il 75° anniversario della sua istituzione. Io ho avuto il grande onore di essere invitata ed è stata, di certo, una delle esperienze più emozionanti della mia vita. Il messaggio che è ci è arrivato è quello di incommensurabile valore e importanza che il linguaggio del cinema ha per il Papa stesso. Un mondo di cui andare fieri e da proteggere. di Raffaela Mercurio  

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