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tiziano scarpa

Malinconiche verità giovanili, parla Tiziano Scarpa

Tiziano Scarpa – Premio Strega nel 2009 – torna con un libro che dice molto sulla sincerità nei rapporti umani
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Malinconiche verità giovanili, parla Tiziano Scarpa

Tiziano Scarpa – Premio Strega nel 2009 – torna con un libro che dice molto sulla sincerità nei rapporti umani
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Malinconiche verità giovanili, parla Tiziano Scarpa

Tiziano Scarpa – Premio Strega nel 2009 – torna con un libro che dice molto sulla sincerità nei rapporti umani
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Tiziano Scarpa – Premio Strega nel 2009 – torna con un libro che dice molto sulla sincerità nei rapporti umani

Tiziano Scarpa – Premio Strega nel 2009 con “Stabat Mater” – torna con un libro che dice molto sulla sincerità nei rapporti umani: “La verità e la biro” (Einaudi) è un diario confessorio, con un’avvertenza all’inizio, un annuncio che turba: non sono più un maschio. Perché svelare una questione così privata? «Temevo che il mio libro venisse preso come un catalogo vanesio di scorribande erotiche giovanili. Se non ci fosse stata quell’avvertenza in prima pagina – che purtroppo è vera, ho avuto un danno – temevo che non si percepisse da quale punto di vista ripenso e racconto quelle esperienze» spiega lo scrittore e drammaturgo veneziano. Il risultato c’è. In quelle prime parole soltanto accennate il lettore avverte infatti una certa malinconia intorno alle vicende. Tutto assume un senso di perdita, seppur con una bella dose di ironia di cui è maestro l’autore di “Occhi sulla graticola” (romanzo cult pubblicato nel 1996).

Nell’ultima opera di Tiziano Scarpa si passa attraverso i racconti di una studentessa di filosofia terribilmente sincera affetta da vaginismo, ci si imbatte in un dialogo fra il significato delle parole e l’inchiostro, si incontra Mick Jagger in cantina alle prese con la colla e, fra i tanti episodi (indimenticabili), ci s’interroga anche sulle fantasie femminili nascoste: «Trovo che le donne facciano fatica a raccontare i propri desideri sessuali. Dichiarare cosa nutre il loro piacere genera ancora un giudizio pesante. Ho raccontato delle cose sfacciate, ma con grande rispetto nei confronti di una situazione su cui c’è molto silenzio» aggiunge Scarpa.

A proposito di silenzio, quando è bene tacere su alcune verità? «In certi casi non puoi dire la verità. E questo “non puoi” che sottolineo nel mio libro fonda una buona parte della letteratura. Possiamo raccontare questi retro-testa che nel quotidiano non ci è permesso esprimere. Mi sento di dire che finché una persona si sfoga nell’immaginario, è tutto meno pericoloso. C’è molto sottinteso nelle relazioni, abbiamo imparato dei codici che affermano qualcosa senza dirlo. Come quando un amico mi dice: “Il tuo libro mi è piaciuto, ma ha qualche punto un po’ così…”. Ecco, in quel momento capisco che vuole dirmi: “Ho finito il tuo libro solo perché ti voglio bene”». D’altronde, come scrive, «la finzione sta nel fatto che ogni inquadratura ritaglia e lascia fuori delle cose, è una estromissione di tutto il resto. Dire tutto non si può».

Come ti sembra che vivano la verità le nuove generazioni? «Non sopportano più l’ipocrisia. Rispetto a un tempo, i giovani d’oggi non vivono il problema della reticenza. Si pronunciano con schiettezza anche su argomenti scomodi. Viviamo in un reticolo di relazioni che sminuisce l’ambizione. Poi il pudore nei confronti di alcuni sogni è una cosa buona, forse è giusto covarli dentro di sé. Vanno protetti». A un certo punto della conversazione, Scarpa prende tempo: «Devo pensarci un momento» dice. La questione fa capo alla memoria, ancora: ricordi la prima volta in cui hai sentito l’esigenza di dire la verità dopo un periodo di bugie? Dopo una breve interruzione, ammette: «Volevo fare lo scrittore. Ma non potevo dirlo. Non potevo essere sincero durante il mio periodo all’università. Vivevo nella menzogna. Ho nascosto chi ero, chi sentivo di essere, chi volevo essere. Mi sono iscritto alla Facoltà di Lettere, ma non avevo il coraggio di dire che l’avevo fatto perché volevo scrivere. Per stare il più vicino possibile alla mia passione».

di Hilary Tiscione 

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