Armani, il rivoluzionario silenzioso che ha cambiato la moda
Non è solo la moda a piangere Giorgio Armani, morto a 91 anni ma l’Italia intera che saluta uno dei suoi simboli più autentici
Armani, il rivoluzionario silenzioso che ha cambiato la moda
Non è solo la moda a piangere Giorgio Armani, morto a 91 anni ma l’Italia intera che saluta uno dei suoi simboli più autentici
Armani, il rivoluzionario silenzioso che ha cambiato la moda
Non è solo la moda a piangere Giorgio Armani, morto a 91 anni ma l’Italia intera che saluta uno dei suoi simboli più autentici
Non è solo la moda a piangere Giorgio Armani, morto a 91 anni ma l’Italia intera che saluta uno dei suoi simboli più autentici. Sobrio, schivo, rigoroso, ha insegnato al mondo che l’eleganza non è ostentazione ma memoria e discrezione.
Giorgio Armani non nacque in un atelier, ma tra le vetrine di un grande magazzino. Alla Rinascente imparò a osservare le persone e a intuire i loro bisogni. Poi la svolta, nel 1975, con Sergio Galeotti, fondò la sua casa di moda. Da lì niente fu più come prima. Il colpo di genio fu la giacca destrutturata. Sembrava solo un dettaglio tecnico, in realtà era un atto di ribellione. Addio imbottiture, addio rigidità, l’abito smise di essere gabbia e divenne libertà. Per l’uomo significò smettere di indossare un’armatura. Per la donna, fu una dichiarazione di potere. Negli anni Ottanta, la manager in tailleur Armani divenne il simbolo di un’epoca che stava cambiando.
Emblematica, in questo senso, la celebre fotografia della donna Armani con il quotidiano in mano simbolo di eleganza ma al contempo autorevolezza. Non era soltanto la promozione di una collezione, ma l’immagine di una rivoluzione culturale, la rappresentazione di una donna finalmente protagonista della vita pubblica. Quello scatto porta la firma di Aldo Fallai. Fotografo fiorentino, classe 1943, iniziò a collaborare con Armani nel 1977. Da allora le sue immagini divennero il volto del brand. Per oltre vent’anni Fallai ha tradotto in fotografie l’estetica sobria e cinematografica dello stilista, costruendo campagne che oggi sono considerate vere e proprie opere d’arte. Il sodalizio Armani–Fallai diede vita a un archivio iconografico che ha ridefinito il linguaggio della moda. Non più semplici campagne pubblicitarie, ma un racconto visivo capace di incidere sulla percezione collettiva del maschile e del femminile. Oggi molte di quelle immagini sono custodite nei musei ed esposte in retrospettive dedicate. Sono la prova che la moda, attraverso l’obiettivo di Fallai e la visione di Armani, può diventare documento storico e specchio dei cambiamenti sociali. Anche il cinema contribuì a consacrarlo definitivamente. Richard Gere in American Gigolo, vestito Armani, divenne un’icona planetaria. Da allora i red carpet furono suoi: dalle star di Hollywood agli Oscar, fino ai grandi eventi sportivi. Il suo stile sobrio e magnetico parlava a tutti, senza bisogno di urlare.
Negli anni Armani costruì un impero: haute couture, pret-à-porter, Emporio Armani, hotel, ristoranti, design. Nel 2024 il gruppo ha superato i 2,3 miliardi di euro di ricavi e lui è rimasto sole shareholder, unico proprietario. Una rarità nel lusso globale, una scelta che racconta la sua volontà di restare libero e fedele a sé stesso.
Niente loghi vistosi, niente eccessi. Toni neutri, linee pulite, proporzioni perfette. Armani ha fatto del minimalismo una rivoluzione culturale. “L’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare”, ripeteva. Una lezione che vale ancora oggi, in un mondo spesso dominato dall’eccesso. Con Armani si chiude l’epoca dei grandi fondatori del Made in Italy. Valentino, Versace, Missoni, Ferré. Ma il suo lascito resta ovunque e di lui resta soprattutto un’idea di eleganza che è diventata stile di vita: sobria, autentica, universale. L’eleganza di Armani non muore, resta come memoria e resta come futuro.
di Serena Parascandolo
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- Tag: moda, moda italiana
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