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Burberry perde ricavi e vola in Borsa

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La storica maison britannica Burberry ha chiuso il primo semestre del 2025 con un calo del 17% dei ricavi

Burberry

Burberry perde ricavi e vola in Borsa

La storica maison britannica Burberry ha chiuso il primo semestre del 2025 con un calo del 17% dei ricavi

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Burberry perde ricavi e vola in Borsa

La storica maison britannica Burberry ha chiuso il primo semestre del 2025 con un calo del 17% dei ricavi

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La storica maison britannica Burberry ha chiuso il primo semestre del 2025 con un calo del 17% dei ricavi, in linea con il trend negativo che ha colpito l’intero comparto Moda e Lusso. Nonostante il netto ridimensionamento del fatturato, il titolo della società ha comunque segnato un +17% in Borsa: gli investitori hanno mostrato fiducia verso il piano di rilancio Forward, presentato dal ceo Joshua Schulman dopo il suo insediamento avvenuto a luglio 2024. Esso prevede la razionalizzazione della rete distributiva dei prodotti, la possibile chiusura delle boutique meno redditizie e la riduzione del 20% del personale a livello globale (ovvero il licenziamento di circa 1.700 lavoratori).

In Italia, Burberry ha recentemente annunciato un taglio del 10% dei dipendenti (39 su un totale di quasi 330) inserito in un ampio programma di ottimizzazione dei costi. L’obiettivo del piano Forward è recuperare le perdite e aumentare il profitto aziendale entro il 2027, «rilanciando la redditività del brand tramite una gestione moderna e un’offerta produttiva di qualità, in linea con la domanda contemporanea». Burberry vuole unire il fascino storico del marchio – con una tradizione radicata nella galassia del lusso britannico – alla possibilità di attrarre nuove fasce di consumatori.

La riorganizzazione aziendale si sta rivelando una scommessa vincente, considerando che pure il calo dei ricavi è stato inferiore rispetto a quello di altri gruppi interni al settore Moda e Lusso. Le perdite di Burberry sono riconducibili alla diminuzione della richiesta dai mercati asiatici e americani, penalizzati dal rallentamento economico e dalla crescente attenzione dei consumatori per i marchi radicati nel segmento del lusso esclusivo. Il brand ha subìto la pressione dei grandi gruppi finanziari del settore – su tutti Lvmh e Kering – capaci di attutire l’impatto delle crisi internazionali grazie a una maggiore differenziazione nella gamma di prodotti offerta. Inoltre, i costi elevati legati alla gestione diretta di negozi e filiera produttiva hanno aggravato il quadro economico aziendale. La riorganizzazione interna si è resa imprescindibile soprattutto per riallineare la strategia commerciale alle mutate condizioni di mercato.

La crisi di Burberry s’inserisce in un quadro sempre più turbolento per il settore Moda e Lusso, obbligato a fronteggiare una generale contrazione delle vendite e la ridefinizione dei valori del lusso stesso. I consumatori pretendono dai brand politiche di mercato trasparenti e responsabili, il rispetto dei diritti dei lavoratori e la fine dello sfruttamento di filiere di produzione in regioni indigenti del pianeta. Auspicano inoltre che i prodotti possano essere accessibili economicamente per un target di pubblico più ampio, avversando la concezione del lusso come destinato alle sole élite.

Non tutte le aziende possono però sostenere la spesa necessaria per garantire queste condizioni: se i gruppi multinazionali riescono ancora ad assorbire gli shock di mercato e a investire per accontentare i consumatori, i brand indipendenti sono costretti a ristrutturazioni radicali per restare competitivi. L’approccio adottato da Burberry evidenzia quanto la sostenibilità economica sia prioritaria nella progettazione aziendale, sia pure in contrasto all’espansione della produzione. Tuttavia, resta aperto il dibattito sul modello di gestione che saprà garantire un futuro solido e coerente al settore Moda e Lusso nel lungo termine.

di Serena Parascandalo

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