Napoli, overtourism e sciocchezze
Sono nato cresciuto a Napoli, una Napoli che letteralmente era stata dimenticata dal turismo nazionale e internazionale
Napoli, overtourism e sciocchezze
Sono nato cresciuto a Napoli, una Napoli che letteralmente era stata dimenticata dal turismo nazionale e internazionale
Napoli, overtourism e sciocchezze
Sono nato cresciuto a Napoli, una Napoli che letteralmente era stata dimenticata dal turismo nazionale e internazionale
Nel cuore delle feste di Natale e Capodanno ci tengo ad affrontare un tema che rischia di diventare tragicomico, almeno dal mio punto di vista.
Sono nato cresciuto a Napoli, una Napoli che letteralmente era stata dimenticata dal turismo nazionale e internazionale. Vivevo a un passo da Castel Sant’Elmo, sulla collina del Vomero, dove oggi si affollano fiumane di turisti in ogni mese dell’anno. Quando ero ragazzo, non veniva nessuno. E se scrivo nessuno è perché intendo il deserto totale.
Il centro storico era abbandonato a pochi eroici amatori dell’arte e della storia, più che turisti in senso stretto. Quanto ai Quartieri Spagnoli, erano off limits in buona sostanza per noi napoletani, figurarsi per chi arrivava da fuori.
Questa era la realtà e cominciò a cambiare grazie a un fenomeno nato dalla spontaneità, l’intelligenza e la genialità di un gruppo di cittadini stufo del degrado e da una decisione dei massimi livelli istituzionali. Quest’ultima fu assegnare a Napoli il trionfale G7 del 1994, quello di Bill Clinton che mangia la pizza con le mani nei Decumani e di Silvio Berlusconi che mostra le meraviglie della Reggia di Caserta a leader scioccati dalla bellezza e dal peso della storia di quei luoghi.
La prima, fu “Monumenti a porte aperte”, iniziativa nata nel 1992 per volere di Mirella Barracco, presidente della Fondazione Napoli Novantanove, cui seguì il “Maggio dei Monumenti”: per la prima volta si riportarono innanzitutto i napoletani a riscoprire la propria città e a ruota un numero sempre crescente di turisti. Spinti anche dall’idea semplice ed efficacissima di far fare da guida a monumenti solitamente non visitabili studenti delle scuole medie e superiori.
Da allora la città iniziò a rinascere turisticamente, fino all’impressionante boom degli ultimi anni. Che ha portato oggettivamente anche i guasti tipici dell’overtourism, ma che mai – sottolineo mai – nessun napoletano che ricordi con lucidità il deserto di allora scambierebbe con quella morte civile. Mai.
Sentire oggi degli sciroccati narrare di troppi turisti, di una città invivibile (??) e altre idiozie è insopportabile per chiunque abbia un’idea anche vaga di cosa significhi avere un turismo sviluppato e anche di massa. In termini economici, tanto per cominciare, ma in particolare sociali. Noi c’eravamo e non ci vogliamo tornare al deserto.
Quindi si faccia ciò che è doveroso per gestire al meglio i flussi, si evitino le cafonate oleografiche che piacciono tanto a un certo tipo di turisti, ma togliamoci dalla testa – per cortesia – di dichiarare guerra al futuro.
di Fulvio Giuliani
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