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disturbi alimentari

I soldi per salvare vite

La legge di bilancio ha cancellato 25milioni di euro destinati al contrasto dei disturbi alimentari, in costante aumento. Ne parliamo con Maruska Albertazzi di Movimento Lilla

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I soldi per salvare vite

La legge di bilancio ha cancellato 25milioni di euro destinati al contrasto dei disturbi alimentari, in costante aumento. Ne parliamo con Maruska Albertazzi di Movimento Lilla

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La legge di bilancio ha cancellato 25milioni di euro destinati al contrasto dei disturbi alimentari, in costante aumento. Ne parliamo con Maruska Albertazzi di Movimento Lilla

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La legge di bilancio ha cancellato 25milioni di euro destinati al contrasto dei disturbi alimentari, in costante aumento. Ne parliamo con Maruska Albertazzi di Movimento Lilla

Nonostante i casi siano quasi triplicati negli ultimi quattro anni, dalla legge di bilancio appena approvata è sparito il fondo per il contrasto ai disturbi alimentari. Venticinque milioni di euro previsti per il biennio 2023-2025, che sarebbero dovuti servire per aumentare il numero di strutture destinate a offrire supporto a chi soffre di anoressia e bulimia.

Una misura comunque non sufficiente, visto che pur con i centri creati il problema non era diminuito, anzi. «Il fondo doveva essere un modo per arginare l’emergenza in atto, in attesa che fosse attuata la legge di bilancio 2022 – art. 1, commi 687-689 – che stabilisce un’area specifica per i disturbi alimentari nei Livelli essenziali di assistenza (Lea)» spiega Maruska Albertazzi, attivista del Movimento Lilla. Il fondo intanto ha consentito l’assunzione di 780 professionisti che potrebbero non vedersi rinnovare il contratto. Alcuni ambulatori e strutture potrebbero addirittura chiudere.

Già dobbiamo fare i conti con una carenza di centri sul territorio, con enormi differenze fra il Nord e il Sud del Paese: «Delle 91 strutture riconosciute dall’Istituto superiore di sanità (erano 126 ma alcune non rispettavano i requisiti) la maggior parte si trova al Nord, concentrata fra Lombardia ed Emilia-Romagna, mentre al Sud queste si contano sulle dita di una mano» continua Albertazzi. È facile immaginare le conseguenze della riduzione delle strutture, già largamente insufficienti a fronteggiare l’aumento esponenziale della patologia: nel 2019 i casi registrati dalle Asl erano 680.569, nel 2023 sono arrivati a 1.680.456. Sono aumentati anche i decessi: dai 2.178 di cinque anni fa ai 3.780 dello scorso anno, complice anche la pandemia.

Appare quindi paradossale la decisione di non proseguire con i finanziamenti, proprio in virtù di questa impennata dei numeri. Cifre che peraltro riguardano per lo più i giovanissimi: l’età media di chi muore di disturbi alimentari (suicidi compresi) è di 25 anni e la metà dei pazienti ha meno di 18 anni. Ragazzi o giovani adulti per cui i servizi di assistenza e supporto possono fare la differenza fra la vita e la morte. Ma, a voler essere onesti, appare ancora più paradossale il fatto che per problematiche di questo tipo non sia garantita un’assistenza sufficiente da parte del Servizio sanitario nazionale.

Già la necessità di istituire centri separati racconta come, di base, non ci sia la possibilità di gestire il tutto tramite l’iter ‘normale’. E anche se il fondo venisse in qualche modo ripristinato, resterebbero gli attuali e gravi problemi di copertura geografica. Il che riporta appunto al più ampio tema dei servizi di base, che non si risolve sicuramente con queste cifre.

Non se ne parla molto, non se ne parla nel modo giusto, ma i numeri raccontano in modo chiaro quanto queste problematiche siano diffuse. E quanto di conseguenza sia necessaria la presenza di professionisti formati e preparati per gestire situazioni estremamente delicate. Cancellare un fondo da 25 milioni di euro significa mettere in ginocchio Regioni – là dove già vi erano difficoltà – e costringere chi soffre di questi disturbi a fare centinaia di chilometri per trovare ambulatori specializzati. Senza contare l’aspetto psicologico: già arrivare a chiedere aiuto, per chi soffre di anoressia e bulimia, è tutt’altro che scontato. Ritrovarsi con la propria famiglia senza punti di riferimento rischia di far aumentare ancora il numero dei decessi. E non è accettabile.

La speranza è che nei prossimi mesi si rimedi a una scelta che appare sconsiderata.

di Annalisa Grandi
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