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‘Accecati dalla luce’ del primo disco del Boss

Oggi sono 50 anni di “Greetings from Asbury Park, N.J.”, il primo album di Bruce Springsteen. La storia di un disco che ha fatto la storia del Boss.

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‘Accecati dalla luce’ del primo disco del Boss

Oggi sono 50 anni di “Greetings from Asbury Park, N.J.”, il primo album di Bruce Springsteen. La storia di un disco che ha fatto la storia del Boss.

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‘Accecati dalla luce’ del primo disco del Boss

Oggi sono 50 anni di “Greetings from Asbury Park, N.J.”, il primo album di Bruce Springsteen. La storia di un disco che ha fatto la storia del Boss.

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Oggi sono 50 anni di “Greetings from Asbury Park, N.J.”, il primo album di Bruce Springsteen. La storia di un disco che ha fatto la storia del Boss.

Parole, rime, storie meravigliose e pochi dischi venduti. Ma il Boss, aprendo la scatola nera dei ricordi, di sicuro benedirà quel giorno di 50 anni fa, 5 gennaio 1973, quando “Greetings from Asbury Park, N.J.”, costato una manciata di dollari, uscì nei negozi. Era il via alla gloriosa carriera del cantore delle strade americane. L’erede di Bob Dylan, la voce roca della via di mezzo. Quello che ha scritto The Ghost of Tom Joad.

Il 2 maggio dell’anno precedente, Springsteen e il suo manager Mike Appel entrarono negli uffici della Columbia di New York per un’audizione col leggendario produttore A&R John Hammond. Era lo scopritore di Dylan (di cui aveva da poco finito di leggere l’autobiografia), Aretha Franklin e Billie Holiday. Era l’occasione, a 23 anni. A 23 anni Paul McCartney, qualche anno prima, scrisse Eleanor Rigby. Ma c’era un problema: l’etichetta e il nuovo manager volevano un album solista, voce e chitarra acustica al comando. Un folk singer.

Si giunse al compromesso che forse ha fatto la storia per il Boss: l’album sarebbe stato diviso in due fra canzoni suonate con la band e altre solo in acustico, con la chitarra elettrica di Springsteen, che si avverte solo in Blinded by the Light. Un altro scoglio, poi superato, fu il piano iniziale della Columbia, che voleva promuovere Springsteen come il cantautore di New York. Il progetto era costruire davvero il nuovo Bob Dylan. Il Boss si mise di traverso e pretese che nel titolo ci fosse un riferimento al posto in cui era nato, Asbury Park, meta di vacanze nel New Jersey. Una faccia con storia genuina, altro che i lucciconi della Grande Mela.

Ha venduto poco, Greetings, appena 25 mila copie nelle prime settimane. Persino a casa sua, a Freehold, città industriale a pochi passi dal mare di Asbury, le vendite non andavano granché. Non piaceva neppure la copertina, per cui l’art director John Berg si ispirò a un popolarissimo stile di cartoline diffuse specialmente tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta negli Stati Uniti.

L’attesa fu ripagata nell’estate del 1975, Greetings finì in classifica su Billboard, tirando la volata a The Wild, the Innocent and the E Street Band Shuffle. Stava per arrivare Born to Run, poi nulla sarebbe stato più come prima. Ma nel lavoro d’esordio, anche se non c’era quella potenza stordente di Born to Run, c’erano le storie del Boss, c’erano le prime tracce del sax di Clarence Clemons e degli altri elementi che avrebbero fondato dopo qualche tempo la leggendaria E Street Band. Nella lavorazione del disco c’è stato, solo per una jam session, un piccolo cameo, anche Little Steven, altro dei sodali del Boss, entrato nella Band due anni dopo. Insomma, un evento. Eppoi nella tracklist c’era Blinded by Light, scritta in una notte, come poi Spirit in the Night (i due singoli estratti dall’album), forse una delle canzoni più belle della produzione cinquantennale del Boss, oltre a essere il regno di Clemons.

La rivista Rolling Stone, nel 2003, ha inserito l’album al 379 esimo posto della lista dei 500 migliori dischi di tutti i tempi. E nella classifica dei migliori esordi figura alla 37esima posizione. Ma anche se fosse rimasto un flop commerciale, è stato l’inizio di Bruce. Che resta unico, anche se i paragoni si sprecano. Anche se puntualmente salta fuori l’erede, stavolta è Sam Fender, che è bravo e malinconico al punto giusto. Ma il Boss è il Boss.

di Nicola Sellitti

 

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