“A Salty Dog”, 55 anni del capolavoro dei Procol Harum
“A Salty Dog” è considerata da alcuni critici come la miglior canzone progressive di tutti i tempi
“A Salty Dog”, 55 anni del capolavoro dei Procol Harum
“A Salty Dog” è considerata da alcuni critici come la miglior canzone progressive di tutti i tempi
“A Salty Dog”, 55 anni del capolavoro dei Procol Harum
“A Salty Dog” è considerata da alcuni critici come la miglior canzone progressive di tutti i tempi
“A Salty Dog” è considerata da alcuni critici come la miglior canzone progressive di tutti i tempi
A volte è sufficiente ascoltare soltanto l’intro: uno stridio di gabbiani, l’affiorare di una sequenza di accordi al piano, la voce calda di un cantante-compositore (Gary Brooker) e la candela del ricordo si accende all’improvviso. È solo una canzone, che però emana il profumo denso di spuma di mare in tempesta, echeggia di marinai in balia delle onde «partiti verso luoghi sconosciuti all’uomo dove le navi ritornano a morire», affollata di richiami orchestrali di incredibile bellezza e armonie complesse al pianoforte.
Si tratta di “A Salty Dog” (l’equivalente di “lupo di mare”) della band inglese Procol Harum (una zelante professore di latino avrebbe subito notato e corretto l’errore lessicale: la grafia corretta dovrebbe essere “procul”). Già forte del successo mondiale di “A Whiter Shade of Pale” e “Homburg”, con la leadership di Gary Brooker e i suggestivi testi di Keith Reid, il gruppo partorì nel marzo del 1969 questo brano oggi celebrato da qualche critico come «la migliore canzone della storia della musica prog».
La copertina del disco parodiava la vecchia confezione di sigarette Player’s Navy Cut e – dato curioso – l’introduzione pianistica fu suggerita a Brooker dall’incedere strano e inusuale di un treno svizzero. All’epoca non fu una hit clamorosa (44esimo posto raggiunto nella classifica inglese, lo storico speaker della Bbc John Peel commentò che l’insuccesso della canzone «avrebbe reso il mondo più triste») ma, per quell’alchimia che spesso la musica riesce a stillare, il brano riuscì a insinuarsi nelle maglie del ricordo, a consolidarsi come brano di qualità e – grazie a una straordinaria ed equilibrata commistione di melodia penetrante e atmosfere rarefatte – ad acquisire presto i galloni dell’immortalità.
Certo, a rendere eterna una canzone spesso dà una mano il caso. Lo sanno molti italiani, soprattutto quelli nati alla fine degli anni Sessanta che si portano nell’animo – incollato al Dna – ogni frammento di questo brano per loro riconoscibile già al primo accordo. Erano gli anni Settanta, tempo di scelte libere e coraggiose della tv di Stato. Un seguitissimo documentario per la tv dei ragazzi (“Avventura”, di Bruno Modugno e Sergio Dionisi) si fa notare anche per la scelta degli autori di siglare l’apertura e la chiusura del programma con due brani autenticamente rock: la beatlesiana “She Came in Through the Bathroom Window” (nella roca versione di Joe Cocker) e appunto “A Salty Dog” dei Procol Harum. Quest’ultima diviene così una sorta di solenne anteprima degli spettacoli a seguire, il segnale per i più piccoli che sarebbe finalmente arrivata qualche ora di svago e divertimento con cartoni animati, Braccio di ferro e maghi Zurlì vari, prima che telegiornali e tribune politiche restituissero il potere agli adulti.
Oggi “A Salty Dog” compie 55 anni. Una canzone epica che tocca il tragico ma sfocia nella gioia. La stessa gioia che, come narra il testo, prova il capitano al momento del salvifico approdo su un’accogliente sabbia bianca dopo il naufragio. È questo ciò che il lupo di mare annota sul suo libro di bordo. Potere evocativo della musica.
di McGraffio
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