“Adolescence”, avere un figlio omicida a 13 anni
“Adolescence” mette in luce alcune delle problematiche più preoccupanti legate ai giovani, tra cui l’uso dei social media come strumento di aggressione

“Adolescence”, avere un figlio omicida a 13 anni
“Adolescence” mette in luce alcune delle problematiche più preoccupanti legate ai giovani, tra cui l’uso dei social media come strumento di aggressione
“Adolescence”, avere un figlio omicida a 13 anni
“Adolescence” mette in luce alcune delle problematiche più preoccupanti legate ai giovani, tra cui l’uso dei social media come strumento di aggressione
Londra – Fra tre mesi mia figlia compirà 11 anni e come regalo ha chiesto il cellulare. Un passaggio ormai normale tra i ragazzi, anche se le abbiamo già detto che non avrà accesso ai social media. Una decisione presa con fermezza, perché possiamo sapere cosa c’è fuori casa ma non possiamo sempre controllare cosa si nasconde dentro a quel piccolo dispositivo che portiamo ovunque, anche in bagno. Basterà a tenerla al sicuro? Probabilmente no. E qui non si tratta soltanto di essere presenti come genitori. «Pensavamo fosse al sicuro in camera sua» dice Eddie Miller, interpretato da Stephen Graham, nella miniserie “Adolescence”, creata dallo stesso Graham insieme a Jack Thorne. «Non possiamo controllarli tutto il tempo. Non lo possiamo fare».
Il 13enne Jamie è un ragazzino normale, in una famiglia normale. Ma una mattina la polizia irrompe in casa e lo accusa di omicidio. Ha ucciso una sua coetanea e compagna di scuola. I genitori sono increduli: non può essere stato il loro bambino, dev’esserci stato un errore. Da lì iniziano quattro puntate di angoscia e paura, che portano lo spettatore a riflettere: quella famiglia potrebbe essere la mia.
Il primo episodio segue in tempo reale la cattura del ragazzo. In centrale, Jamie viene perquisito, esaminato e interrogato. «Papà, ti giuro, non sono stato io». E tu, genitore, vuoi non credere a tuo figlio? Certo. Perché quello che hai al tuo fianco è un bambino che ama disegnare, mangiare il gelato e va anche bene a scuola. Il secondo episodio si concentra sul detective Bascombe (l’attore Ashley Walters), impegnato nella ricerca dell’arma del delitto nella scuola di Jamie. Qui assiste inorridito alla reazione superficiale e derisoria dei ragazzi di fronte alla tragedia. La terza puntata – quella più traumatica – si focalizza sull’intensa e rivelatoria sessione tra Jamie e la psicologa Briony (l’attrice Erin Doherty), mentre l’episodio finale si svolge nel giorno del 50esimo compleanno di Eddie, quando i Miller vengono messi davanti alla cruda verità.
La serie mette in luce alcune delle problematiche più preoccupanti legate ai giovani, tra cui l’uso dei social media come strumento di aggressione e la crescente diffusione di episodi di violenza con armi bianche tra i minorenni. Secondo gli ultimi dati dell’Office for National Statistics, il numero di ragazze sotto i 16 anni uccise con un coltello in Inghilterra e Galles è più che raddoppiato in un anno, passando da 3 a 7, il livello più alto dell’ultimo decennio.
Anche per i ragazzi sotto i 16 anni la situazione è drammatica: i casi di omicidio con coltello hanno raggiunto un massimo storico, con un aumento del 300% rispetto a dieci anni fa. Ancora più preoccupante è il tasso di omicidi tra i teenager (13-19 anni), cresciuto nello stesso periodo del 240% (da 22 a 53 vittime), un incremento molto più rapido rispetto al 30% registrato tra gli adulti. Ma l’allarme riguarda anche l’Italia. Nel 2024, l’11% del totale degli omicidi è stato commesso da persone con meno di 18 anni, un dato quasi triplicato rispetto al 4% del 2023.
“Adolescence” è una serie che costringe lo spettatore a confrontarsi con una realtà scomoda, ma necessaria da affrontare. Non sappiamo davvero cosa fanno i nostri figli quando sono chiusi in camera con il cellulare in mano, mentre scrollano video su TikTok o commentano la foto di un amico. Non comprendiamo appieno il loro modo di comunicare e persino la scuola fatica a stare al passo. E questo mi spaventa a morte. Siamo davvero in grado di capire cosa vivono i nostri figli online? E soprattutto, sappiamo come aiutarli?
di Melania Guarda Ceccoli
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Tag: serie tv
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