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Al cinema con “Diva Futura” l’ascesa e il crollo di Riccardo Schicchi
Una rivoluzione nega sé stessa nel momento in cui si compie. Quando diventa sistema, la libertà si trasforma in nuove catene. “Diva Futura”, il nuovo film di Giulia Louise Steigerwalt
Al cinema con “Diva Futura” l’ascesa e il crollo di Riccardo Schicchi
Una rivoluzione nega sé stessa nel momento in cui si compie. Quando diventa sistema, la libertà si trasforma in nuove catene. “Diva Futura”, il nuovo film di Giulia Louise Steigerwalt
Al cinema con “Diva Futura” l’ascesa e il crollo di Riccardo Schicchi
Una rivoluzione nega sé stessa nel momento in cui si compie. Quando diventa sistema, la libertà si trasforma in nuove catene. “Diva Futura”, il nuovo film di Giulia Louise Steigerwalt
Una rivoluzione nega sé stessa nel momento in cui si compie. Quando diventa sistema, la libertà si trasforma in nuove catene. “Diva Futura”, il nuovo film di Giulia Louise Steigerwalt
Una rivoluzione nega sé stessa nel momento in cui si compie. Quando diventa sistema, la libertà si trasforma in nuove catene. “Diva Futura”, il film di Giulia Louise Steigerwalt (ispirato dal romanzo “Non dite alla mamma che faccio la segretaria” di Debora Attanasio), racconta l’utopia libertaria di Riccardo Schicchi (interpretato da Pietro Castellitto) e la sua parabola: un sogno nato come sfida al moralismo, finendo con un’onda d’urto mediatica così potente da portare Ilona Staller – per tutti soltanto Cicciolina – a sedere in Parlamento con il Partito radicale e spingere Moana Pozzi a candidarsi come sindaco di Roma.
Attraverso gli occhi di Debora (impersonata da Barbara Ronchi), la segretaria dell’agenzia porno Diva Futura fondata da Schicchi, si entra in un mondo di eccessi e fragilità, di contraddizioni tra emancipazione e sfruttamento. Negli anni Ottanta e Novanta la pornografia in Italia diventa spettacolo, cultura pop, fenomeno di massa. Ilona Staller, Moana Pozzi ed Eva Henger diventano dive di un’industria che promette libertà, ma costruisce un nuovo sistema di controllo. Schicchi, visionario e abile imprenditore, trasforma il desiderio in intrattenimento e la trasgressione in brand. Ma se l’ascesa è folgorante, la caduta è vertiginosa.
Dietro i lustrini, rivalità, invidie e illusioni spezzate. Debora ha lo sguardo dello spettatore: pragmatico, affascinato, a tratti distaccato. Inizia a lavorare nell’agenzia per necessità – tra il mutuo da pagare e una carriera giornalistica da inseguire – e resta lì per dieci anni. Assiste alla nascita di un impero che, mentre rompe i tabù, ne crea di nuovi. Scopre che la libertà sessuale, trasformata in prodotto di consumo, rischia di diventare una trappola. Il film si inserisce quindi nella stessa riflessione del regista Ti West: l’evoluzione del porno come specchio di un’illusione perduta. Se negli Usa la pornografia post Sessantotto era liberazione, negli anni Ottanta diventa industria, incatenando la donna anziché emanciparla. Un fenomeno che in Italia si ripete un decennio dopo.
Steigerwalt evita moralismi. Guarda ai suoi personaggi con rispetto. Schicchi vive in un suo mondo – geniale, ambiguamente sbadato e spregiudicato – convinto di difendere la libertà mentre costruisce un sistema che finirà per sfuggirgli di mano. Visivamente, il film gioca con i contrasti. La regia e la fotografia dai colori accesi, più che essere un’immersione fedele in quel periodo, optano per una stilizzazione quasi eccessiva, più vicina a un’estetica patinata in stile mondo Netflix. La narrazione alterna dramma e ironia, fascinazione e disincanto. Ma, seppur ben armonizzata, non scava abbastanza nella psicologia dei personaggi.
Il film è un ritratto affascinante ma non si addentra davvero nei demoni. L’intento rimane quello di rappresentare i protagonisti e gli eventi come oggetti di cronaca, a volte anche cedendo all’epica. Come biopic erotico, il confronto con “Supersex” (la serie tv sul pornodivo Rocco Siffredi) è inevitabile. Quest’opera è sì più raffinata – meno porno – ma rimane su quella scia. Il mondo di “Diva Futura” non era immorale ma amorale, privo di giudizio, mosso da una sola legge: il desiderio. Un’epoca in cui i limiti erano labili, in cui la trasgressione vendeva e l’illusione della libertà bastava a celare le sue contraddizioni. Il porno, oggi più accessibile e violento, è ancora uno specchio della società. Chissà cosa resta di quella rivoluzione.
di Edoardo Iacolucci
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