È stata recentemente inaugurata una piccola ma singolare mostra al Museo Archeologico di Milano intitolata “Il suono oltre l’immagine. La decifrazione dei geroglifici”, curata da Anna Provenzali (conservatrice responsabile del museo) e Sabrina Ceruti (egittologa, collaboratrice della stessa istituzione) nel bicentenario della decifrazione dell’antica scrittura egiziana legata all’emblematica figura di Jean François Champollion.
Il mondo intero ha organizzato eventi attorno a questo tema che segnò la nascita dell’egittologia come disciplina scientifica, ma la mostra di Milano si differenzia perché indaga anche un aspetto poco noto al grande pubblico (e non solo). Ci riferiamo agli studi che poté effettuare Champollion a Milano, in occasione di una sua visita, seppur breve, avvenuta nel marzo 1825: soltanto «quarante heures» si rammaricava scrivendo al fratello, il fine erudito Jacques Joseph.
Lo scopo del viaggio in Italia – che interessò ovviamente Torino, ma anche altre città – era quello di esaminare documenti con cui Champollion avrebbe potuto perfezionare le sue conoscenze delle scritture antico-egiziane. Tra questi un estratto del “Giornale della Necropoli”, ovvero un rapporto quotidiano concernente le attività degli artigiani addetti alla preparazione degli ipogei della Valle dei Re. Di questo documento amministrativo – esposto assieme a una nota manoscritta dello stesso Champollion – lo studioso riconobbe per primo l’esistenza di altri frammenti conservati presso il Museo Egizio di Torino. Al momento della sua visita il papiro, come gli altri reperti visionati dallo Champollion a Milano, non era custodito nell’attuale Museo Archeologico ma nel Gabinetto Numismatico di Brera: ad aprirgliene le porte fu l’allora direttore Gaetano Cattaneo, che per lo studioso francese aveva particolare venerazione.
La mostra presenta altre preziosità, come uno dei tre volumi seicenteschi dell’“Oedipus Aegyptiacus” del gesuita Athanasius Kircher (in prestito dalla Civica Biblioteca Trivulziana), che inaugura la prima sezione della mostra dedicata al mito dei geroglifici nel Rinascimento. Impeccabile anche dal punto di vista didattico, l’esposizione costituisce un’occasione per chi voglia cimentarsi con il fascinoso mondo dei geroglifici attraverso reperti e pannelli esplicativi. Questi illustrano la lingua e le scritture degli antichi abitatori della Valle del Nilo, insistendo sul valore anche fonetico dei segni geroglifici, da cui il titolo evocativo della mostra “Il suono oltre l’immagine”.
Champollion asseriva che «la route pour Memphis et Thèbes passe par Turin», alludendo alla straordinaria collezione di antichità egiziane conservate nel capoluogo piemontese ma, anche alla luce del tema di questa mostra, possiamo affermare – senza essere tacciati di troppo campanilismo meneghino – che quella strada prevede un’importante tappa anche all’ombra della Madonnina.
di Christian Orsenigo
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