George Harrison, ‘The Quiet One’
Uscito solo pochi mesi fa nella sua nuova versione, l’album “All things must pass” dimostra quanto la diarchia Lennon-McCartney abbia sottovalutato il genio di George Harrison.
George Harrison, ‘The Quiet One’
Uscito solo pochi mesi fa nella sua nuova versione, l’album “All things must pass” dimostra quanto la diarchia Lennon-McCartney abbia sottovalutato il genio di George Harrison.
George Harrison, ‘The Quiet One’
Uscito solo pochi mesi fa nella sua nuova versione, l’album “All things must pass” dimostra quanto la diarchia Lennon-McCartney abbia sottovalutato il genio di George Harrison.
Uscito solo pochi mesi fa nella sua nuova versione, l’album “All things must pass” dimostra quanto la diarchia Lennon-McCartney abbia sottovalutato il genio di George Harrison.
Siamo alla fine del 2021 ma a distanza di cinquant’anni, tra remastered e nuovi documentari, i Beatles sono ancora una volta sulla bocca di tutti. E con questo, anche l’eterna stucchevole diatriba su chi li abbia sciolti ‘sti Fab Four, se Lennon o McCartney. Sempre loro due, verrebbe da dire. Eppure, nella storia dei quattro di Liverpool vi è stato un protagonista altrettanto influente ma il cui contributo alla musica del gruppo è stato forse troppo spesso sottovalutato: George Harrison, ‘The Quiet One’. Quello tranquillo, appunto.
Ieri è caduto il ventennale della sua scomparsa, avvenuta come un fulmine a ciel sereno una mattina come un’altra e per una malattia che si sperava sconfitta. Nato da una famiglia proletaria, George mostra fin da giovanissimo grande predisposizione per la musica. Un giorno su un bus scolastico, mentre strimpella l’amata sei corde, la sua vita si intreccia definitivamente con quella di un compagno di classe: Paul McCartney.
Il resto è storia ed è quella dei Beatles. E molti dei suoi capitoli sono stati scritti proprio da George. È difficile pensare cosa sarebbe stata la musica dei Fab Four senza i suoi viaggi e il suo amore per l’India, senza la sua voglia di sperimentare e il desiderio irrefrenabile di indagare nuove sonorità. Sicuramente non sarebbero esistite alcune vere e proprie pietre miliari come “Here comes the sun” o “Something”, per molti la miglior canzone d’amore di tutti i tempi. Eppure, pochi sono stati i brani scritti da Harrison che riuscirono ad avere l’approvazione della diarchia Lennon-McCartney.
A lungo andare questa situazione divenne sempre più difficilmente sostenibile per George. È emblematico in tal senso il mood che emerge dalle immagini del nuovo documentario “Get Back”, filmato durante le sessioni di registrazione di ciò che sarebbe diventato “Let It Be”. Harrison sembra ormai un corpo estraneo alla band a tal punto da decidere, dopo l’ennesimo diverbio con Paul, di mollare tutto e tornarsene a casa. È chiaro dai filmati che Lennon abbia allora addirittura proposto di sostituirlo con Clapton.
Sia come sia, è indubbio che più di qualcosa del valore delle composizioni proposte all’epoca da George sia sfuggito agli altri Beatles. La prova risiede nel capolavoro “All things must pass”, primo triplo album della storia del pop, pubblicato solo sei mesi dopo “Let it Be” e composto per lo più da brani scartati dal duo. Un disco figlio dell’epopea psichedelica, che stava ormai volgendo al termine, intriso di un forte senso di liberazione e voglia di rivalsa che consacrò definitivamente la carriera solista di Harrison.
Uscito solo pochi mesi fa in una nuova versione completamente rimasterizzata, ha raggiunto ancora una volta le vette delle classifiche. Come a dire che sì, tutto è destinato a passare, ma forse questo disco e il suo autore no.
di Federico Arduini
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