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Take Me Aut

Alice De Andrè racconta “Take Me Aut”: “Sul palco i miei supereroi, uniti”

Lo spettacolo “Take Me Aut”, in scena il 19 ottobre al teatro Gerolamo di Milano, vede protagonisti i talentuosi ragazzi della “Fondazione un futuro per L’Asperger Onlus”

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Alice De Andrè racconta “Take Me Aut”: “Sul palco i miei supereroi, uniti”

Lo spettacolo “Take Me Aut”, in scena il 19 ottobre al teatro Gerolamo di Milano, vede protagonisti i talentuosi ragazzi della “Fondazione un futuro per L’Asperger Onlus”

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Alice De Andrè racconta “Take Me Aut”: “Sul palco i miei supereroi, uniti”

Lo spettacolo “Take Me Aut”, in scena il 19 ottobre al teatro Gerolamo di Milano, vede protagonisti i talentuosi ragazzi della “Fondazione un futuro per L’Asperger Onlus”

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Lo spettacolo “Take Me Aut”, in scena il 19 ottobre al teatro Gerolamo di Milano, vede protagonisti i talentuosi ragazzi della “Fondazione un futuro per L’Asperger Onlus”

Si sottovaluta spesso la forza del teatro, sia di raccontare storie fuori dal tempo, sia di passare messaggi e così insegnare. In un mondo sempre più distratto dalle tecnologie e da una realtà via via più virtuale che reale, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Alice De Andrè, autrice e regista di “Take Me Aut, l’eroe che è in me”, uno spettacolo teatrale in collaborazione con la “Fondazione Un Futuro per l’Asperger Onlus”, che vedrà in scena il 19 ottobre alle ore 20.00 presso il Teatro Gerolamo di Milano proprio i ragazzi della fondazione. Suddiviso in due atti, lo spettacolo mette in evidenza la forza e la coesione del gruppo, dove la caduta di uno può provocare il crollo di tutti. Attraverso una riflessione sull’eroismo e il superamento delle paure, lo spettacolo invita il pubblico a considerare come, nonostante le apparenti differenze, siamo tutti uniti dalla stessa vulnerabilità e dalle stesse paure.

Com’è nato questo spettacolo?

Il progetto è nato proprio da un laboratorio teatrale. Ho iniziato a lavorare con i ragazzi lo scorso novembre, con l’idea di fare un saggio finale, anche se inizialmente non avevo ancora definito il tema. Durante le lezioni osservavo come interagivano tra loro con vari esercizi e così ho deciso di proporre il laboratorio “Il viaggio dell’eroe”, dove i ragazzi sono stati invitati a riflettere su cosa o chi rappresentasse un eroe per loro. Essendo molti di loro appassionati del mondo Marvel, la maggior parte ha indicato i classici supereroi. A quel punto, ho chiesto loro: se questi supereroi non avessero i poteri, sarebbero ancora considerati eroi? Cos’è che li rende davvero tali?

Abbiamo quindi approfondito la figura dell’eroe, togliendogli i superpoteri e riflettendo sulle paure che affrontano e su come potrebbero superarle senza l’uso di abilità speciali. Alla domanda “E tu, quando ti sei sentito un eroe?”, molti sono rimasti sorpresi, come se non fosse possibile per loro essere eroi senza una maschera, un mantello o senza nascondere le proprie difficoltà. Questo è stato il punto di partenza: anche con tutte le sfide legate alla sindrome di Asperger, il loro mettersi in gioco nel teatro è già un atto eroico. Per loro, affrontare il teatro significa sfidare difficoltà enormi come il contatto fisico, visivo, la comunicazione e l’interazione di gruppo.

Da qui è nata l’idea di lavorare sulla figura dell’eroe, partendo dai loro supereroi preferiti. Hanno preparato monologhi sui loro eroi e, insieme, abbiamo analizzato le paure di questi personaggi, decostruendone la figura. In seguito, ho iniziato a scrivere lo spettacolo, cucito su misura per loro, basandomi sulle dinamiche di classe. Ogni personaggio dello spettacolo rappresenta realmente sé stesso e porta sul palco il proprio eroe preferito, ma in un contesto diverso: un book club, dove si confrontano e discutono dei loro eroi, come accadeva durante le lezioni. Così, ho tratto ispirazione dalle dinamiche di gruppo, dove c’è il simpaticone, quello più preciso, e così via. È stato un percorso bellissimo, grazie alla disponibilità e generosità dei ragazzi, e insieme abbiamo realizzato un lavoro straordinario.

Salire sul palco davanti ad un pubblico non è una cosa semplice per nessuno, come l’hanno vissuta i ragazzi?

Io faccio l’attrice, questo è il mio primo lavoro da regista. Anche se recito da tanti anni e ho studiato per questo, ogni volta che salgo sul palco mi assalgono mille dubbi e ansie. Fino a cinque minuti prima di entrare in scena, mi chiedo chi me l’abbia fatto fare. Eppure, ho visto questi ragazzi, alla loro prima esperienza su un palcoscenico, davanti a 200 persone, completamente tranquilli. Si sono esibiti con una naturalezza incredibile. Io non sono sul palco con loro, li seguo dalla cabina di regia, quindi lo spettacolo è interamente nelle loro mani, e sono rimasta davvero colpita dalla loro serenità e sicurezza.

È incredibile, davvero. Ho avuto più difficoltà a lavorare con ragazzi neurotipici che con loro. Ho visto una coesione che non ho mai trovato, nemmeno in compagnie più affermate. C’era un rispetto incredibile per i tempi degli altri, hanno creato una vera rete di sostegno. Se uno cadeva, l’altro lo aiutava a rialzarsi. È stato bellissimo vedere come funzionavano insieme, con questo forte senso di gruppo: “Ce la facciamo tutti o nessuno ce la fa”. È davvero emozionante vederli lottare, non solo contro i loro blocchi personali, ma anche per restare uniti, con la consapevolezza che se cade uno, cadono tutti. E proprio per questo, nessuno cade.

E dire che oggi giorno i giovani sembrano sempre più lontani dal teatro…

Sì, ci stiamo un po’ allontanando da tutto, no? Credo che sia anche una questione del periodo storico. Eravamo già distanti dal teatro, e ora ci stiamo allontanando anche dal cinema. Certo, se vengono proposti progetti che rispondono alle esigenze e ai bisogni dei ragazzi, soprattutto il loro bisogno di raccontare storie, è diverso. Tuttavia, ogni volta che vado a teatro vedo sempre meno giovani, ed è un peccato. Forse bisognerebbe offrire proposte più adeguate o trovare modi per avvicinarli al mondo dello spettacolo, che non passa necessariamente dallo schermo di casa. Purtroppo, così si perde molto.

Ad esempio, tra poco andrò a tenere un laboratorio di tre settimane in Calabria, con ragazzi del liceo e alcuni con sindrome di Asperger, di un centro a Lamezia Terme. Metteremo in scena un altro spettacolo con loro. Mi fa piacere vedere che esistono ancora realtà che si preoccupano di avvicinare i più giovani al teatro, perché credo fermamente che sia terapeutico e salvifico, oltre che necessario.

Sono forme d’arte che vanno preservate, soprattutto in un mondo sempre più tecnologico, che rischia di perdere di vista la bellezza di queste tradizioni. Abbiamo il privilegio di avere il teatro da secoli, ma spesso lo diamo per scontato. Forse un giorno, quando sarà troppo tardi, lo rimpiangeremo e saranno i robot a parlarci.

In attesa dello spettacolo del 19 ottobre al Teatro Gerolamo di Milano, stai già lavorando a qualcos’altro?

Sì, sicuramente adesso inserirò anche il progetto di Lamezia Terme, ma in realtà inizierò un nuovo corso a dicembre, sempre a scuola, con nuovi ragazzi. Piero Colaprico del Teatro Gerolamo, che è un po’ folle, ha già messo in cartellone uno spettacolo per i primi di giugno, anche se ancora non esiste! Ma prima, giustamente, devo conoscere i ragazzi, capire come sono. Mi piace scrivere spettacoli che funzionino per loro, costruiti su misura. Portare in scena uno spettacolo già scritto, qualcosa che chiunque potrebbe fare, non so quanto senso avrebbe avuto. Magari un giorno lo avrà, ma in quel momento non era la strada giusta.

Quindi, con i nuovi ragazzi che seguirò, vorrei prima conoscerli, lavorare insieme e vedere cosa emerge da loro. Scrivere lo spettacolo è solo una parte del lavoro: l’80% lo fanno loro, è un processo che costruiamo insieme.

Lo spettacolo in collaborazione con FONDAZIONE UN FUTURO PER L’ASPERGER ONLUSsarà in scena il 19 ottobre alle ore 20.00 presso il Teatro Gerolamo di Milano (Piazza Cesare Beccaria 8 – 20122 – Durata spettacolo: 80 minuti, due atti senza intervallo). I biglietti sono disponibili al seguente link: https://bit.ly/3XMhQKU

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