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Berlinguer

Arriva al cinema “Berlinguer – La grande ambizione” di Andrea Segre

“Berlinguer”, al cinema dal 31 ottobre. Il regista Segre esplora con profondità e sensibilità la figura del leader del Partito comunista italiano degli anni ’70

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Arriva al cinema “Berlinguer – La grande ambizione” di Andrea Segre

“Berlinguer”, al cinema dal 31 ottobre. Il regista Segre esplora con profondità e sensibilità la figura del leader del Partito comunista italiano degli anni ’70

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Arriva al cinema “Berlinguer – La grande ambizione” di Andrea Segre

“Berlinguer”, al cinema dal 31 ottobre. Il regista Segre esplora con profondità e sensibilità la figura del leader del Partito comunista italiano degli anni ’70

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“Berlinguer”, al cinema dal 31 ottobre. Il regista Segre esplora con profondità e sensibilità la figura del leader del Partito comunista italiano degli anni ’70

Non fermarsi mai neanche quando davanti c’è un muro. O meglio una cortina di ferro. Esce il 31 ottobre al cinema “Berlinguer. La grande ambizione”, del regista Andrea Segre, che esplora con profondità e sensibilità la figura di Enrico Berlinguer, leader del Partito comunista italiano negli anni Settanta, il più importante partito comunista occidentale con quasi due milioni di iscritti e oltre 12 milioni di elettori.

Il lungometraggio disegna un ritratto sia privato che pubblico del suo carismatico segretario. Da una parte c’è il Berlinguer uomo (interpretato da Elio Germano), padre di famiglia e marito; dall’altra il Berlinguer politico, impegnato nella difficile battaglia per realizzare un moderno socialismo in un’Italia divisa e ideologicamente ancorata nel passato. Due sfere – quella intima e quella collettiva – indissolubilmente legate fra loro, che svaniscono l’una nell’altra così come visivamente accade alle emozionanti immagini di repertorio documentaristico con quelle di finzione, con la fotografia eccezionale di Benoît Dervaux. Ci pensa infine la musica alchimistica del cantautore Iosonouncane a fondere le scene in modo naturale e consequenziale.

Siamo nel 1973, Enrico Berlinguer è a Sofia e sopravvive a un attentato dei servizi segreti bulgari. Un atto intimidatorio e letale per uno dei passeggeri della sua auto. Il segretario sa ma non denuncia, per seguire la sua ‘ambizione’. Il film parte da qui e diventa un viaggio in quel turbolento decennio che ha ridefinito e cambiato il nostro Paese, tra campagne elettorali, relazioni contraddittorie con Mosca, copertine di riviste e le prime pagine dei giornali, fino al compromesso storico con la Democrazia cristiana e al conseguente rapimento del suo presidente Aldo Moro, nel 1978, da parte delle Brigate rosse. Un compromesso che provoca malumori in molte delle basi del partito di Berlinguer, dagli operai in fabbrica agli studenti in aule e piazze (compresi i figli). Tappe di un percorso che nella pellicola evidenziano la volontà d’indipendenza ardua del Pci dall’orbita sovietica e un Berlinguer innovatore, riformista, sempre sospeso fra pragmatismo, realpolitik e indipendenza. E per questo forse lasciato solo. Tra i momenti più intensi del film c’è proprio il periodo del sequestro Moro che, oltre a gettare l’Italia e le istituzioni in una profonda crisi, pone Berlinguer di fronte a un dilemma etico e morale. La decisione finale di non trattare con i terroristi, nel rispetto dei princìpi che guidano il leader politico, lascia forse nell’uomo un senso di colpa che Segre mette in scena con delicatezza. La medesima ed eventuale decisione di non trattare – lo esplicita Berlinguer alla sua famiglia – l’avrebbe voluta anche per sé. Ma la morte annunciata di Moro segna un punto di non ritorno: non solo per la politica italiana, ma anche per il segretario comunista che ne esce profondamente segnato, tanto dal lato umano quanto da quello politico.

La narrazione cinematografica si chiude infatti emblematicamente e narrativamente qui, anche se poi attraverso i titoli di coda si ripercorrono gli emozionanti e partecipati funerali di Berlinguer che diventano simbolo di una morte più alta, quella di una speranza riformista spazzata via, di una mancata rivoluzione nell’alveo costituzionale, la cui interruzione avrebbe lasciato – negli anni a venire – un terreno in cui il vecchio mondo era morto, mentre quello nuovo tardava a comparire. E in questo chiaroscuro sono nati i mostri.

Di Edoardo Iacolucci

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