Baglioni:”Sono un venditore ambulante di suggestioni”
Baglioni:”Sono un venditore ambulante di suggestioni”
Baglioni:”Sono un venditore ambulante di suggestioni”
Dopo cinquant’anni di carriera può capitare che un classico concerto non basti più a soddisfare la voglia di esplorare e stupire, sé stessi prima di tutto. E allora ci si mette dentro altro: la musica, certo, ma anche la danza, la recitazione e storie da raccontare, persino attraverso il cinema. C’è questo e altro nei 12 eventi che Claudio Baglioni ha portato l’estate scorsa sul palco delle Terme di Caracalla e che ora sono diventate un film: “Tutti su! Buon compleanno Claudio”, nelle sale italiane fino a domani.
«È un percorso che ho iniziato trent’anni anni fa, quello di tentare come forma espressiva dal vivo un’operazione in cui mettere insieme più discipline. Un sogno vagheggiato anche da alcuni dei più grandi compositori, come Richard Wagner. È una continua ricerca, in cui tento di individuare sia negli spazi che nei contenuti un racconto multidisciplinare» ci dice Baglioni. Lui al centro del palco, intorno dodici artisti. Tutti protagonisti allo stesso modo. Cinquant’anni di carriera in musica scandiscono storie che scivolano fra balli, passi di tip-tap e assoli di chitarra. Non un concerto qualsiasi: «Non amo più il concerto di per sé, a meno che non abbia qualcosa di singolare» racconta ancora Baglioni. «L’idea è quella di affascinare le persone, cercare quel senso di meraviglia che deve cogliere innanzitutto noi sul palco, che siamo bambini che non cresceranno mai. D’altronde gli artisti sono venditori ambulanti di suggestioni».
Baglioni è ancora un ostinato esploratore dell’ignoto artistico: «Se c’è un po’ di vanità in me è quella dei primati, vorrei fare qualcosa che non è ancora stato esplorato del tutto. La cosa positiva del successo è che mi ha dato la possibilità di far succedere altre cose». Da qui è nata l’idea di fondere musica dal vivo e cinema: «Ho sempre invidiato quel mondo. È difficile trovare un palco così grande, perché dentro c’è la possibilità di far funzionare tutti i sensi». C’è tutto Claudio Baglioni nello spettacolo in sala. Anche quello degli anni Settanta, di “Passerotto non andare via” e “Quella sua maglietta fina”, da cui il cantante per un po’ ha tentato di prendere le distanze. Con quel passato, però, si è rappacificato: «Quelle sono canzoni popolari che hanno il pregio e il difetto di esserlo, perché poi diventano degli altri, non soltanto degli autori». E guai a cambiarle: «Una volta, alla fine degli anni Ottanta, durante un concerto modificai l’arrangiamento di “Questo piccolo grande amore”. Una fan si è avvicinata e mi ha detto che non avrei dovuto farlo, perché ormai quella canzone era di tutti».
di Giacomo Chiuchiolo
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