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Cacasottismo

Enrico Vanzina, uno dei maestri della commedia italiana, chiamato a scrivere il testo di un film ha ricevuto una stringente indicazione da parte della produzione: niente sesso e niente tradimenti. Dietro questa deriva c’è un moralismo ipocrita che va necessariamente combattuto.
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Enrico Vanzina è una delle colonne del cinema italiano e sebbene già il suo solo nome, accanto a quello dell’indimenticabile fratello Carlo e del superbo padre Steno, sebbene già sentirlo induca al sorriso, quella che ha sollevato è una questione maledettamente seria. E aggiungo subito che la conclusione cui giunge non è soddisfacente.

Quest’ondata va contrastata, non aspettare che passi. Vanzina parte (scrivendo su “Il Messaggero”) da indagine svolta dalla Bbc, televisione inglese: su 150mila film usciti, dal 2010 a oggi, meno del 2% contiene scene di sesso. E vabbè, non è mica indispensabile. Ma poi aggiunge il racconto di una sua esperienza personale: chiamato a scrivere il testo di un film ha ricevuto una stringente indicazione dalla produzione: niente sesso e niente tradimenti. A un Vanzina? A uno dei maestri della commedia all’italiana? Qui, allora, la faccenda non è nelle percentuali, ma in quel che le genera. E non credo proprio sia il moralismo, ma la falsità e l’ipocrisia.

Di film che hanno usato il sesso solo per attirare il pubblico ce ne sono molti. La differenza con il porno consisteva prevalentemente, a parte l’annesso manuale di ginecologia, nel fatto che il film ‘normale’ cominciava con una passeggiata nel parco, per poi buttarsi sul materasso, mentre l’altro partiva dal materasso. Tanto sesso a sproposito, certo. Ma, se è per questo, anche tanta violenza, tanti inseguimenti (ci sono presunti film d’azione che esci stanco dal cinema) e tanta scurrilità buttati lì a casaccio.

Non c’era e non c’è ragione al mondo per scandalizzarsi: se il peto fa ridere che ridano, non è obbligatorio né assistere né mostrarsi sollazzati. Accanto a questa roba, però, c’è tanto cinema che del sesso e di quel che comporta non può fare a meno, corna comprese, perché è nella poesia di quella storia e nella trama di quella pellicola. Come in letteratura, del resto: ci sarà pure una differenza fra gli umori di “Succo bollente” (l’ho veramente comprato in una stazione) e il brivido che percorre Anna Karenina al sentir scrocchiare le mani del marito. Senza carnalità non c’è la seconda cosa. La prima resta una grigliata pesantuccia.

Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la citata percentuale e con l’indicazione data a Vanzina. Non prendiamoci in giro, dietro quella roba c’è la pornografia culturale del politicamente corretto: il sesso sono diventati i sessi e o ne fai un collage insensato o sei politicamente scorretto. Il tradimento presuppone il matrimonio e solo quel genio scorretto di Checco Zalone (sempre sia lodato) ha portato sullo schermo le corna (o presunte tali) omosessuali.

Giungendo alla più scorretta delle conclusioni: sono uguali. Dopo averli cantati come malati. Braverrimo. E per forza che si ride, perché il ridere è anche l’orrore di quel che si è o si pensa, è anche la sfida a quel che seriamente non puoi dire. Quel che si è manifestato davanti a Vanzina non è moralismo, ma cacasottismo: il cielo non voglia si finisca davanti all’inquisizione dell’immorale tribunale moralista del politicamente corretto.

Conclude Vanzina: «Il moralismo, ciclicamente, arriva e poi passa. Non ci resta che attendere tempi più liberali». No no, questa roba va combattuta, mica sopportata. Quando l’ipocrisia sale in cattedra la cultura esce dall’aula. E va a farsi quattro risate in cortile.

 

di Davide Giacalone

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