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C’era una volta in America

“C’era una volta in America” compie 40 anni 

Storia di “C’era una volta in America”, il capolavoro senza tempo di Sergio Leone, che ha compiuto in questi giorni 40 anni

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“C’era una volta in America” compie 40 anni 

Storia di “C’era una volta in America”, il capolavoro senza tempo di Sergio Leone, che ha compiuto in questi giorni 40 anni

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“C’era una volta in America” compie 40 anni 

Storia di “C’era una volta in America”, il capolavoro senza tempo di Sergio Leone, che ha compiuto in questi giorni 40 anni

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Storia di “C’era una volta in America”, il capolavoro senza tempo di Sergio Leone, che ha compiuto in questi giorni 40 anni

Roma, 1966. Fra i quotidiani e le riviste esposte sugli scaffali di un’edicola c’è un libro. Si intitola “Mano armata” e il suo autore è un certo Harry Gray, uno sconosciuto. Anche perché quel Gray non esiste ma è lo pseudonimo dell’ex gangster Herschel Goldberg: quel libro è la sua autobiografia. Tramite vie traverse, una copia finisce nelle mani di Sergio Leone che proprio in quei giorni sta ultimando “Il buono, il brutto e il cattivo”. Non è un granché, ma Leone ne rimane rapito e capisce che quello può essere il punto di partenza per il suo prossimo progetto: un affresco sull’America del Novecento, le sue contraddizioni e i sogni irrealizzati, rappresentato attraverso le vicende di un gruppo di malavitosi e gli intrecci delle loro esistenze.

Titolo: “C’era una volta in America”. Leone vuole i diritti del libro ma l’agente di Goldberg nicchia. Il diretto interessato ha però adorato la “Trilogia del dollaro” (i primi tre film western girati dal regista romano), così decide di incontrarlo in segreto. Alla fine gli dà il suo benestare. Per la sceneggiatura si pensa subito a Leonardo Sciascia, che però rifiuta cordialmente. Ne fa allora una bozza Norman Mailer, ma il suo script sarà inesorabilmente bocciato perché definito «una storia alla Topolino». La scelta cade quindi su un gruppo tutto italiano composto da Benvenuti, De Bernardi, Medioli e Arcalli. A questo punto c’è bisogno di una produzione, perché sono già passati diversi anni e Leone – che nel frattempo ha rifiutato di dirigere “Il Padrino” perché completamente ossessionato da questo progetto – vuole realizzarlo a tutti i costi. Ha scoperto infatti di avere una malformazione cardiaca congenita che potrebbe non lasciargli troppo tempo. E qui arriva il produttore Arnon Milchan, che trova i fondi e fa sì che nel 1982 il film possa partire. Per il cast si pensa a grandi nomi, da Gérard Depardieu a Paul Newman. Ma Leone vuole che il protagonista sia Robert De Niro, che non solo accetta ma consiglia di ingaggiare due colleghi: James Woods e Joe Pesci.

Dopo 18 lunghi anni di gestazione, l’opera vede finalmente la luce. Viene effettuata una prima proiezione di prova a febbraio del 1984. Tre mesi dopo, al Festival di Cannes, la critica accoglie il film in maniera entusiastica. L’1 giugno di quarant’anni fa la pellicola viene finalmente distribuita negli Stati Uniti. Per ridurne la lunghezza la produzione taglia però circa 80 minuti, stravolgendo l’opera che Leone aveva presentato trionfalmente sulla Croisette poche settimane prima. E infatti il film – privato del suo significato originale – va male. Agli Oscar non viene minimamente preso in considerazione, nemmeno per le splendide musiche di Ennio Morricone. Ufficialmente per un disguido nella consegna dei documenti all’Academy, secondo altri per una ritorsione da parte di alcuni membri della commissione, che non avevano gradito che i gangster raccontati nel film fossero ebrei.

Il capolavoro di Leone otterrà giustizia quando uscirà la versione in home video, rimontata secondo la visione originariamente pensata dal cineasta di Trastevere, che venderà milioni di copie. Nel 1992 tornerà nelle sale nella versione originale, quando ormai tutto il mondo lo ha già consacrato come una delle pietre miliari nella storia del cinema. Leone non farà in tempo a rivederlo perché quel cuore malmesso lo ha tradito nel 1989. L’eredità che ha lasciato, attraverso quello che pareva soltanto un sogno irrealizzabile, è invece destinata a restare per sempre. I sogni, così come gli artisti, non muoiono mai

Di Stefano Faina e Silvio Napolitano 

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