Mentre i tormentoni estivi iniziano la loro gara per lo scettro del più martellante, mentre serpeggia il chiacchiericcio sui concerti che vanno o non vanno, c’è chi riempi gli stadi senza dubbio alcuno e lo fa per tutto il tour. Stiamo parlando di Cesare Cremonini e delle sue 12 date sold out in tutta Italia, del tour “Alaska Baby” partito da Milano domenica sera, una data prontamente replicata ieri davanti ad altre 57mila persone. Che Cremonini sia un performer eccezionale non lo scopriamo certo ora, ma davanti alla forza dello show messo in piedi non si può far altro che restarne rapiti. Può piacere o meno, ma la qualità della sua musica è indubbia.

Abbiamo assistito alla data zero, rifrescata appena prima dell’inizio da un temporale che non ha però smosso la gente di un millimetro dal posto. Fra luci che salgono e scendono su un enorme palco tutto ricoperto di schermi led, una passerella centrale e due ore e mezza di musica, è evidente che lo spettacolo messo in piedi vuole essere il più internazionale possibile per attitudine e spirito. E ci riesce in pieno. Sono pochi, per altro, gli artisti italiani in grado di mettere in fila una scaletta di 27 canzoni da cantare a squarciagola quanto Cesare. E fidatevi, cantavano tutti, tra grandi classici e nuove canzoni che funzionano bene nell’insieme della narrazione costruita. Fra i momenti più toccanti, indubbiamente il duetto sulla bellissima “San Luca” con Luca Carboni, tornato su un palco dopo tanto tempo.

di Federico Arduini