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Chi perde il derby Tony Effe-Roma

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Concertone Tony Effe a Roma. Al pari della libertà di espressione, non dovrebbe esistere quella di critica e di scelta dei direttori artistici?

Chi perde il derby Tony Effe-Roma

Concertone Tony Effe a Roma. Al pari della libertà di espressione, non dovrebbe esistere quella di critica e di scelta dei direttori artistici?

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Chi perde il derby Tony Effe-Roma

Concertone Tony Effe a Roma. Al pari della libertà di espressione, non dovrebbe esistere quella di critica e di scelta dei direttori artistici?

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Sulla vacuità di certi personaggi mi sono già abbondantemente espresso appena 48 ore fa, paragonando (amaramente) alcuni soggetti usa e getta della musica contemporanea a chi ha svolto con abnegazione, professionalità, disponibilità ed educazione questa vera e propria missione che è la musica per sessant’anni. Nella mia opinione, insomma, le categorie esistono e sono fuori discussione.

Detto questo, la tragicomica vicenda del Concertone di Roma evaporato per la questione-Tony Effe merita una rapida riflessione, appena oltre la superficie.
Non tanto sul cantante, di cui già troppo si è detto e che resta molto più furbo che bravo, ma sull’incredibile genesi di un pateracchio che solo un mix di impreparazione e leggerezza poteva metter su.

Ci riferiamo al Comune di Roma, ai contorsionismi seguiti a una scelta che può piacere o meno, ma che una volta fatta andava difesa. Noi al Concertone di Roma Tony Effe non l’avremmo mai invitato, ma è solo una questione di gusti musicali. Se l’amministrazione comunale riteneva, del tutto legittimamente, che potesse fungere da polo di attrazione – al pari dei vari Mahmood – per regalare alla città e in modo particolare al pubblico più giovane uno spettacolo gradevole e atteso c’è poco da aggiungere.

Scoprire a buoi ampiamente scappati i testi sessisti del trapper fa veramente ridere.
Fa piangere, invece, l’incapacità di difendere o almeno spiegare la scelta, l’esporsi al fuoco di fila delle rinunce in nome della sacra libertà di espressione degli artisti. Per trovarsi poi il Circo Massimo vuoto e il Palaeur riempito da Tony Effe…

Quanto alla libertà, ci mancherebbe pure, però ci sia consentito notare che allora la cosa dovrebbe valere sempre. Non ci dovremmo sorbire le regolari richieste di “ban“ da politici, associazioni, consorzi, autonominatisi difensori dei bambini, degli anziani, degli animali, di questo e di quello. Il tutto, poi, dovrebbe valere per qualsiasi occasione pubblica, non solo il solito Sanremo.

Che razza di ipocrisia è questa: a Roma la libertà d’espressione è sacra, in televisione è scoppiato il finimondo per qualche rima un po’ pepata di Fedez o un rapporto sessuale mimato – nell’ambito di un’esibizione artistica – ai piedi del palco. Per restare sempre dalle parti dell’Ariston.

Ha avuto buon gioco e ha ragione Morgan a ricordare le millemila volte in cui è stato espulso o non invitato per i suoi eccessi. Quella non è censura?
Al pari della libertà di espressione, infine, non dovrebbe esistere anche una libertà di critica e di scelta dei direttori artistici?

L’annunciarmi al mondo come artista non mi autorizza a inneggiare all’antisemitismo o ai Gulag, per fare un banalissimo esempio. Così come non tutto è censura, perché esistono anche i gusti e le preferenze: meno roboanti e utili a metter su una bella polemica social.

Di Fulvio Giuliani

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