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Christian Mascetta: “La musica è un gioco”

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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il chitarrista Christian Mascetta in occasione del suo live questa sera alla casa del Jazz di Roma

Christian Mascetta: “La musica è un gioco”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il chitarrista Christian Mascetta in occasione del suo live questa sera alla casa del Jazz di Roma

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Christian Mascetta: “La musica è un gioco”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il chitarrista Christian Mascetta in occasione del suo live questa sera alla casa del Jazz di Roma

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Nonostante il luogo comune diffuso secondo cui in Italia non nascono più grandi talenti in ambito artistico, esistono numerose prove del contrario. Il vero nodo è semmai offrire loro spazio e occasioni per farsi conoscere. Fra i giovani più talentuosi della scena musicale è impossibile non citare Christian Mascetta, chitarrista virtuoso classe 1994, capace di muoversi con naturalezza tra mondi musicali diversi (questa sera sarà alla Casa del Jazz di Roma).

Arrangiatore e produttore discografico, Mascetta ha da poco pubblicato “Ricami”, un nuovo album in studio che vanta collaborazioni d’eccezione: da Tosca a Paolo Fresu, fino a Stefano Bollani. Un’ottima occasione per scambiare con lui quattro chiacchiere, partendo proprio dagli inizi della sua carriera: «Mi sono avvicinato alla musica all’età di circa sette anni grazie a mio padre, chitarrista anche lui. È stato proprio in quel periodo che ho cominciato a innamorarmi dello strumento, un amore cresciuto con il tempo. Non ci è voluto molto per capire che la musica sarebbe stata la mia strada. È sempre stata una parte fondamentale della mia vita, qualcosa che sento mia in modo profondo e naturale».

Il disco è un viaggio fra stili e generi diversi, con ogni ospite a portare i propri colori, arricchendo le sfumature di un lavoro da ascoltare con attenzione. E proprio la policromia è indubbiamente una delle cifre di Mascetta: «Mi considero un musicista ‘onnivoro’, guidato da una forte curiosità verso stili musicali molto diversi tra loro. Ho iniziato con rock e blues, poi mi sono formato nel jazz, che ha profondamente influenzato il mio approccio. Nel tempo ho esplorato anche musiche di matrice etnica, come quelle latino-americana e africana, sviluppando un interesse crescente per la varietà degli strumenti a corda e le loro potenzialità espressive».

In un mondo in cui spesso si tende a scegliere un solo orizzonte da percorrere, Mascetta ha invece fatto della pluralità la sua cifra artistica: «Nel mio percorso ho sempre creduto che esistano due visioni: c’è chi sceglie di dedicarsi per tutta la vita a una singola cosa, specializzandosi profondamente; e c’è chi, come me, sente che una vita sola non basta per esplorare tutta la musica che esiste. La mia è una curiosità che nasce da un’urgenza interiore: voglio conoscere, esplorare, assorbire. E cerco di farlo sempre con grande dedizione e serietà. Non mi limito mai a una semplice infarinatura: ogni stile o strumento che affronto lo studio con attenzione e rispetto. Per me la diversità stilistica è non solo una ricchezza musicale, ma anche una forma di apertura mentale. Categorizzare troppo rigidamente la musica (e la vita) è a mio avviso limitante».

Collaborare con nomi così prestigiosi ha avuto per lui un impatto profondo, che ancora oggi lo emoziona: «Per me è un grande onore vedere quei nomi affiancati al mio. A dire la verità, faccio ancora fatica a realizzare pienamente che sia successo davvero. Un aspetto ancora più bello è stato vedere come i brani — che avevo scritto nell’arco di molti anni — si siano rivelati quasi ‘cuciti’ addosso alle personalità musicali di ciascuno di loro. È come se quei pezzi, in qualche modo, li stessero aspettando».

Chi lo ascolta suonare non può che intuire le ore di dedizione, studio e impegno che il suo percorso richiede. Eppure tra i consigli che Christian si sente di dare ai più giovani ce n’è uno che va oltre la tecnica: «Ricordarsi sempre che la musica è un gioco. È prima di tutto un divertimento, un’esperienza che deve far star bene chi la fa e chi la ascolta. Per me questo è un punto fermo. È facile, soprattutto quando la musica diventa anche un lavoro, iniziare a sentire il peso delle aspettative, delle pressioni, dei ritmi serrati, come accade in tante altre professioni. Ma non bisogna mai dimenticare che la musica è una festa, un rifugio, qualcosa che ti salva».

Altro consiglio: «Studiare, studiare tantissimo. Ma farlo con onestà verso sé stessi e con consapevolezza. Non basta sapere ‘cosa’ si suona – oggi il mondo è pieno di talenti straordinari – ma è fondamentale lavorare sul ‘come’».

di Federico Arduini

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