Ciao Francesco, non ti abbiamo dimenticato
Francesco Nuti, un talento uscito di scena troppo presto. Un malin-comico del cinema italiano che non vogliamo dimenticare

Ciao Francesco, non ti abbiamo dimenticato
Francesco Nuti, un talento uscito di scena troppo presto. Un malin-comico del cinema italiano che non vogliamo dimenticare
Ciao Francesco, non ti abbiamo dimenticato
Francesco Nuti, un talento uscito di scena troppo presto. Un malin-comico del cinema italiano che non vogliamo dimenticare
Madonna che silenzio c’è stasera…
È il 1988. A Sanremo Massimo Ranieri vinceva con ‘Perdere l’amore’. La Napoli del calcio sognava con Maradona, e le ragazze s’innamoravano dei Duran Duran e Michael Jackson. È in quell’Italia lì, leggera e scintillante, che Francesco Nuti s’affermava col film “Caruso Paskoski di padre polacco”, nei panni di uno psichiatra inquieto. Come inquieto era lui, e in ogni suo film.
Da malin-comico del cinema italiano, interprete originale e scanzonato della vita di provincia, geniale creativo anche nei film successivi, con quella voglia di spingersi oltre, sulla scia della comicità toscana che aveva negli “Amici miei” di Mario Monicelli il riferimento da declinare.
“Willy Signori e vengo da lontano” e “Donne con le gonne”, altri consensi al botteghino, fino a “OcchioPinocchio” del 1994, che da salto di qualità ricercato si rivela un fiasco, malgrado l’investimento iperbolico. Una prima battuta d’arresto che segna uno spartiacque nella sua carriera; piano piano s’allontana dalle scene, vittima di una forte depressione e dipendenza dall’alcol. Anni difficili quelli, in cui avrebbe tentato persino il suicidio (due volte).
In lui qualcosa s’era spezzato, forse anche prima del successo, che aveva solo camuffato il suo malessere, per poi tornare a servire il conto in maniera devastante, quando (nel 2006) vittima di un mai chiarito incidente domestico, rimane in coma per mesi e ne esce condannato. Tenta ancora di riprendersi, di scrivere copioni, ma i produttori gli voltano le spalle. E quel commovente “Pinocchio non c’è più” diventa la triste metafora di un talento uscito di scena troppo presto.
È il 1988. A Sanremo Francesco Nuti canta ‘Sarà per te’, una poesia in musica per una figlia che avrà solo una decina d’anni dopo. “E se il tempo passa, sarà per te/E se non è mai presto, sarà per te/Se ho sbagliato e ho riprovato, sarà per te…”
di Maria Francesca Troisi
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