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Corrado Rustici

La musica è diventata un videogame, parla Corrado Rustici

Cosa è diventata la musica oggi? Lo chiediamo a Corrado Rustici uno dei più grandi produttori della storia della nostra musica

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La musica è diventata un videogame, parla Corrado Rustici

Cosa è diventata la musica oggi? Lo chiediamo a Corrado Rustici uno dei più grandi produttori della storia della nostra musica

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La musica è diventata un videogame, parla Corrado Rustici

Cosa è diventata la musica oggi? Lo chiediamo a Corrado Rustici uno dei più grandi produttori della storia della nostra musica

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Cosa è diventata la musica oggi? Lo chiediamo a Corrado Rustici uno dei più grandi produttori della storia della nostra musica

Abbiamo assistito negli ultimi anni a un cambiamento profondo dell’industria musicale, fino alle sue radici, al processo creativo e alla realizzazione delle canzoni stesse. C’è ormai da anni la diffusa convinzione – almeno tra molti giovani artisti – che la figura del produttore artistico sia superata, non necessaria, ora che si produce dalle proprie case in catene di montaggio musicali. Niente di più sbagliato, diciamo noi.

Abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Corrado Rustici, uno dei più grandi produttori della storia della nostra musica (da Zucchero a Elisa fino a Ligabue e Negramaro, per citare solo alcuni degli artisti con cui ha lavorato), in occasione dell’uscita del suo libro “Breviario del produttore artistico”. Un’opera che alterna lucide analisi sullo stato dell’industria musicale a consigli pratici per chiunque si voglia avvicinare al mondo della musica intesa come arte, non solo come prodotto.

Anche se non si fosse consapevoli dell’importanza del produttore, leggendo queste pagine siamo sicuri che ci si possa fare un’idea precisa. Abbiamo chiesto a Rustici perché abbia deciso di scrivere questo libro proprio ora: «Perché mi era stato chiesto più volte nel corso del tempo. Così, nonostante la mia iniziale reticenza, ho ceduto e mi sono messo a scrivere delle mie esperienze negli ultimi cinquant’anni, di quello che mi è capitato durante il ‘rinascimento’ che ha visto l’industria musicale fiorire. Mi sembrava una cosa utile da fare, anche perché negli ultimi anni sono stato a contatto con tanti giovani e mi sono reso conto che forse avevo delle cose utili da suggerire».

Consigli validi per chiunque abbia a che fare con l’universo musicale, ma a maggior ragione per chi vi muove i primi passi cercando di costruire una carriera. Sempre più spesso i giovani artisti si ritrovano infatti davanti a un mare di opportunità che sono soltanto un’illusione: «Credo che oggi i giovani abbiano un solo modello da seguire, quello suggerito dall’industria. Ma è un modello limitato al commercio e quindi non necessariamente all’espressione artistica, che è ciò di cui abbiamo bisogno. Il risultato è che, invece di avere uguali opportunità per tutti, ci ritroviamo con un’avvilente conformità di espressione. La rigenerazione di idee che esisteva una volta, perché l’industria era fondata su princìpi diversi, oggi non c’è più».

Il mondo della musica è cambiato radicalmente: «Una volta l’industria era basata sull’estro artistico di pochi geni che hanno fatto la Storia, ma che all’industria stessa davano fastidio perché si trovava a dipendere da loro. Oggi, al posto di una persona che vende un milione di copie, ci sono un milione di persone che vendono una sola copia. Per l’industria discografica è più conveniente (perché ciascun autore è facilmente sostituibile) e non cambia nulla a livello di guadagni» ragiona Rustici. Anche la tecnologia nasconde un’insidia di cui si parla poco: «Hanno convinto chi cerca di vivere con la musica che si possa realizzare un disco da soli in casa propria, autopromuovendosi e pagandosi tutte le spese. Ma in questo modo l’unica a guadagnarci è l’industria musicale, perché i suoi costi si azzerano e le piattaforme finiscono per pagare soltanto quei pochissimi artisti che ce la fanno».

Su una buona parte delle canzoni di oggi (definite «balbuzie melodiche»), Rustici ha le idee chiare: «Sembra che la musica debba essere semplice per forza di cose, ma la realtà è che non si è più in grado di creare brani complessi. E non mi riferisco soltanto ai musicisti, ma anche a chi scrive canzoni. Certe volte ci sono otto autori per scrivere quattro accordi, mi sembra veramente una presa in giro». Alla base di questo mutamento c’è un cambio di paradigma: «Quando ero un ragazzino concepivamo la musica come uno sfogo anche sociale e culturale. Ti distingueva, ti dava non solo credibilità ma dignità. Era uno strumento per misurarsi. Ora la musica deve fare i conti con i videogame, perché è stata messa nello stesso contenitore dell’entertainment».

Per il futuro, però, c’è speranza: «La musica vera, quella che conta, prima o poi si staccherà da questa pozzanghera di continuous entertainment, come lo chiamano negli Usa. E chissà, magari anche grazie alle nuove tecnologie».

di Federico Arduini

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