Il crollo di Netflix e la sfida della qualità
La caduta di Netflix in Borsa ha diverse cause, ma la più importante è la crisi qualitativa delle sue produzioni. Senza la cura del dettaglio, non si può fare la differenza.

Il crollo di Netflix e la sfida della qualità
La caduta di Netflix in Borsa ha diverse cause, ma la più importante è la crisi qualitativa delle sue produzioni. Senza la cura del dettaglio, non si può fare la differenza.
Il crollo di Netflix e la sfida della qualità
La caduta di Netflix in Borsa ha diverse cause, ma la più importante è la crisi qualitativa delle sue produzioni. Senza la cura del dettaglio, non si può fare la differenza.
Ho dedicato un pezzo, questa mattina su carta, alla crisi di Netflix e al botto “al contrario“ registrato in Borsa. Se vorrete leggerlo, ne sarò contento.
In queste righe, invece, vorrei concentrarmi su solo uno degli aspetti che ho segnalato nell’approfondimento cartaceo: la qualità.
Perché ritengo sia di insegnamento e valore in generale, oltre che nel caso specifico di Netflix. I motivi che hanno determinato la clamorosa crisi al Nasdaq di New York della piattaforma di streaming sono noti, la concorrenza spietata e la fine delle restrizioni determinate dalla pandemia che hanno spinto milioni di persone fuori casa.
Verissimo, per carità, ma sarebbe ingenuo da parte della società di Reed Hastings sottostimare la crisi qualitativa dei suoi prodotti.
In questo caso, a parlare siamo noi utenti e la critica. Netflix ha gonfiato il suo catalogo – ricordiamo che proprio grazie alla regina dello streaming il concetto stesso di “palinsesto” è del tutto superato – con una serie di produzioni francamente sconfortanti.
Parliamo di decine di serie e film prodotti palesemente in poco tempo, mirando a un pubblico ipergeneralista e fondamentalmente distratto, ricalcando alcuni topos facili-facili, dall’action all’horror, senza troppa cura per la sceneggiatura, i dialoghi, il livello della recitazione.
Tutto quello che, insomma, ha segnato il clamoroso successo della piattaforma, arrivata a riscrivere da cima a fondo le regole stesse dell’entertainment. In casa, ma anche al cinema.
Che senso ha produrre per produrre, ingolfando l’offerta e finendo per diluire sempre più i rari e veri fenomeni globali? Si veda l’ultimo caso della sudcoreana Squid Game, seguita dal nulla.
Netflix potrà anche pensare a introdurre la pubblicità o a contrastare in tutti modi la condivisione delle password, ma se non produrrà serie migliori continuerà a soffrire.
E questo vale per chiunque lavori nel campo della comunicazione e dell’entertainment: il mantra non potrà che essere sempre più la ricerca della qualità. Perché la differenza, alla lunga, si fa solo così.
di Fulvio Giuliani
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche

Dieci anni di “Anelante”: l’arte senza compromessi di Antonio Rezza e Flavia Mastrella
29 Giugno 2025
“Anelante” di Antonio Rezza e Flavia Mastrella sarà in scena al Piccolo Teatro Strehler di Milano…

Gabry Ponte conquista San Siro: un club nel tempio del calcio
28 Giugno 2025
Cinquantaseimila persone hanno ballato, saltato e cantato senza sosta con Gabry Ponte in console…

Sanremo, ad Rossi: “Senza la Rai non esisterebbe il Festival”
27 Giugno 2025
L’amministratore delegato Giampaolo Rossi ha ribadito il legame inscindibile tra la Rai e il Festi…

Comfort Festival 2025: da Ben Harper a Steve Vai e Joe Satriani
27 Giugno 2025
Torna il Comfort Festival per l’edizione 2025, in programma il 4, 5, 9, 11 e 13 luglio 2025 nella …
Iscriviti alla newsletter de
La Ragione
Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.