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Dalla e Battisti 80. Mai al passato, sempre al presente

Dalla e Battisti: avrebbero compiuto 80 anni. Anzi, li compiono, perché entrambi per tutti noi sono più vivi che mai

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Dalla e Battisti 80. Mai al passato, sempre al presente

Dalla e Battisti: avrebbero compiuto 80 anni. Anzi, li compiono, perché entrambi per tutti noi sono più vivi che mai

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Dalla e Battisti: avrebbero compiuto 80 anni. Anzi, li compiono, perché entrambi per tutti noi sono più vivi che mai

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Dalla e Battisti: avrebbero compiuto 80 anni. Anzi, li compiono, perché entrambi per tutti noi sono più vivi che mai

Scrivere qualcosa di originale su Dalla e Battisti è utopia. Ma in quale casa d’Italia non c’è stato oggi almeno un ascolto, un segmento, il ritornello di “4 marzo 1943”?. Tutti sanno che sono nati a poche ore di distanza.

Dalla oggi compirebbe 80 anni. Anzi compie, perché è come se non fosse mai morto. Che è poi lo stesso destino di Battisti, 80 anni domani. Almeno quattro generazioni italiane hanno imparato a declinarne il talento, la produzione, l’evoluzione musicale, anche dopo la morte di entrambi.

Per l’occasione, per gli 80 anni, sono state prodotte diverse ristampe celebrative dei loro album migliori. E il ricordo dei due geni, dei due lati diversi del cantautorato italiano, passa anche attraverso un omaggio collettivo sulle piattaforme social che dura ormai da giorni. Erano diversi, diversissimi. Il lato A e B di un disco.

Dalla è stato il poeta che cantava la gente. Estroverso, sfacciato, si è offerto alla gente senza pregiudizi, senza steccati. Un artista in jam session permanente, cappello, occhialini, barba, sax o clarinetto e il suo pubblico. Ha pubblicato 22 album in studio, nove dal vivo, ha scoperto talenti, ha lavorato nel cinema, ha composto colonne sonore. Ha sublimato Bologna e amato alla follia Napoli.

L’altro invece è stata la voce ipnotica ed esile che ha prodotto una quantità inesausta di singoli, forse come nessun altro nel panorama della musica italiana, prima di dedicarsi ad anni di sperimentazione, di isolamento artistico e personale, elevando ad arte il disagio, espresso praticamente sempre davanti a una telecamera. Per quel disagio, dopo i primi due tour ha lasciato il palco, niente concerti dal vivo, ma 17 album in studio, la scrittura di canzoni per Mina. Eppoi, altra scelta singolare per l’epoca: la ricerca dell’arrangiamento perfetto, tondo, pulito, gli impose di affidarsi ad altri parolieri, Mogol e poi Panella. Una scelta vincente.

Hanno cantato, dipinto il volto dell’Italia nei decenni. Non si sono praticamente mai incrociati su un palco. E in questo senso la colpa è solo del tempo, perché Battisti è morto presto, per ipotizzare una collaborazione compiuta nella loro età matura. Anzi, con la tendenza degli ultimi anni alle reunion o ai tour condivisi – vedi quello di Venditti-De Gregori che ha riempito e ammaliato i palazzetti dello sport – vederli assieme sarebbe stato uno show purissimo, l’incrocio di stili, pensieri, sensazioni. Lo pensava anche Dalla, che rispetto a Battisti era ancor più un visionario, una specie di David Bowie (che invece adorava Battisti, il suo cantante preferito, assieme a Lou Reed) in versione italiana, precursore di novità artistiche come nessuno. Lucio D. alla fine degli anni ‘80 pensò di tirar via Battisti dall’isolamento, proponendogli un tour assieme durante una cena. Aveva già duettato con Morandi e con De Gregori, l’osmosi di stili, per uno con il suo talento, era un’opportunità, piuttosto che un limite artistico.

Lucio B. rifiutò, era già lontano da Mogol, il suo leggendario paroliere. Scelse la strada della sperimentazione, si assentò dalle scene, fino alla sua morte ci fu solo il cammeo a Sanremo 2012 insieme a Pierdavide Carone, uno dei suoi seguaci, per il quale scrisse il testo di Nanì, dirigendo anche l’orchestra.

E’ stato un peccato, ci sarebbe stato un incastro di generi e stili, perché, uscendo un attimo dai cliché che avvolgono soprattutto Battisti e i suoi inni senza tempo, entrambi hanno saputo combinare le esigenze melodiche del canto italiano con sonorità diverse, dal beat al blues al folk, al soul, il prog rock, anche elettropop e tracce di discomusic. Ma anche così è andata bene, più che bene. Sono arrivati capolavori. Sono arrivate (tu chiamale se vuoi) emozioni.

di Nicola Sellitti

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