Daniele Follero racconta “Rock & Cinema”: “70 anni di storia del rock con la lente del cinema”
“Rock & Cinema. 70 anni di colonne sonore, film concerto, documentari, biopic”, il nuovo volume firmato da Franco Dassisti e Daniele Follero per Hoepli
Daniele Follero racconta “Rock & Cinema”: “70 anni di storia del rock con la lente del cinema”
“Rock & Cinema. 70 anni di colonne sonore, film concerto, documentari, biopic”, il nuovo volume firmato da Franco Dassisti e Daniele Follero per Hoepli
Daniele Follero racconta “Rock & Cinema”: “70 anni di storia del rock con la lente del cinema”
“Rock & Cinema. 70 anni di colonne sonore, film concerto, documentari, biopic”, il nuovo volume firmato da Franco Dassisti e Daniele Follero per Hoepli
C’è un punto d’incontro in cui la vibrazione di una chitarra elettrica incontra il buio di una sala cinematografica, dove la potenza delle immagini amplifica quella dei suoni e il rock diventa racconto, memoria, visione. È in questo spazio ibrido e pulsante che nasce “Rock & Cinema. 70 anni di colonne sonore, film concerto, documentari, biopic”, il nuovo volume firmato da Franco Dassisti e Daniele Follero per Hoepli. Un’opera che non si limita a mettere in fila titoli e date, ma costruisce una vera e propria narrazione culturale: dagli esordi del rock alle sue evoluzioni, attraverso pellicole che hanno segnato epoche, immortalato artisti, trasformato il modo stesso di percepire la musica.
Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Daniele Follero per esplorare le scelte, le passioni, le intuizioni e le sfide che hanno dato forma a questo viaggio lungo settant’anni. Una storia fatta di immagini, suoni e soprattutto di sguardi.

Tanti libri sono stati scritti sul rapporto tra cinema e rock, ma la prospettiva con cui voi raccontate queste vicende è decisamente diversa dal solito
Hai centrato perfettamente il punto. L’idea era proprio quella di dare una prospettiva diversa al cinema rock. Facendo ricerche, abbiamo visto che la maggior parte dei libri sull’argomento è dal punto di vista cinematografico: classifiche dei migliori film, liste, ma niente che avesse una dimensione più storica.
Il nostro intento è stato raccontare 70 anni di storia del rock attraverso i film che più lo hanno rappresentato. Il rapporto tra cinema e rock nasce praticamente con il rock’n’roll: il primo film citabile come “film rock” è del 1954, “Il seme della violenza”, e contiene la prima canzone rock’n’roll. Da lì, Elvis, poi tutto il resto: documentari, film veri e propri, e oggi i biopic.
Dagli anni ’80, con la nascita del videoclip, questo rapporto cambia: il film rock perde la funzione promozionale che aveva e assume nuovi ruoli, come approfondire scene, raccontare epoche o celebrare il passato.
E di aneddoti immagino ce ne siano tantissimi
Basti l’esempio di “The Rocky Horror Picture Show”, per cui gli aneddoti si sprecano davvero: era diventato un rito. Non si andava solo a vedere il film, ma a partecipare. Lo stesso valeva per i documentari come quello su Woodstock: la gente ci andava per rivivere quelle sensazioni.
Oggi abbiamo un rapporto diverso con la musica: social e streaming cambiano tutto. Prima, invece, il documentario rock era un’esperienza collettiva.
Molto interessante anche il discorso sui biopic. Sono nati per esigenze commerciali, ma spesso servono anche a mettere ordine nella storia…
Esatto. Anche se le radici dei biopic sono più lontane: uno dei primi è “The Buddy Holly Story“, negli anni ’70. Poi “The Doors” di Oliver Stone, che è quasi un film “di genere” e oggi ha assunto una dimensione epica. Il biopic moderno celebra figure mitologiche del rock: Dylan, Marley, ecc. È come se volesse mitizzare un passato e al tempo stesso chiudere un cerchio.
Il dibattito sul “rock è morto o no” è aperto dagli anni ’70, ma è chiaro che oggi molti film servono a tenere viva una tradizione
Entrando nel libro, com’è stato diviso il lavoro tra voi due? Cronologicamente? Tematicamente?
Ci siamo divisi il lavoro in senso vero e proprio. Io arrivo da un background più musicale, Franco (Dassisti ndr) da quello cinematografico. La struttura è tendenzialmente cronologica, ma all’interno dei capitoli si approfondisce anche tutto ciò che viene dopo. Ad esempio: parlando di Elvis, non ci fermiamo agli anni ’50, ma analizziamo anche biopic e documentari successivi alla sua morte. Lo stesso vale per altri capitoli, come quello sull’hip hop. Sui capitoli più musicali ho lavorato io, su quelli più cinematografici Franco. Siamo stati complementari.
Immagino abbiate dovuto lasciare fuori molte cose. C’è qualcosa che vi è dispiaciuto tagliare?
Abbiamo “aggirato” il problema creando una sezione di appendici alla fine di ogni capitolo, per inserire i titoli che non rientravano nella narrazione ma erano comunque rilevanti.
Il libro nasce da un anno e mezzo di lavoro: ricerca, scrittura, catalogazione. Abbiamo cercato di non lasciare fuori nulla di fondamentale. Come dice Margaret Atwood: “C’è la storia, c’è il modo in cui viene raccontata, e c’è ciò che resta fuori: anche quello fa parte della storia.” Il lettore deve cogliere l’insieme, non solo ciò che manca. E comunque il libro è aggiornato fino al 2025, incluso il biopic su Springsteen.
Dal lavoro di ricerca, cosa ti ha sorpreso di più? C’è qualcosa che credevi di conoscere e invece ti ha stupito?
Sì: il mondo dei documentari. Avevo sempre dato loro un ruolo secondario, e invece approfondendo ho scoperto una ricchezza enorme. Da “Woodstock” con il suo uso dello split screen, ai documentari dei Rolling Stones – da Godard a Scorsese – fino a “The Last Waltz o Stop Making Sense” dei Talking Heads… sono opere complesse, con scelte registiche precise. Anche la storia del videoclip, che spesso si liquida come “promozionale”, è molto più profonda di quanto sembri.
Follero presenterà il libro il 3 dicembre alle ore 19.00 a Bologna presso il Gallery 16, in dialogo con Luigia Bencivenga.
di Federico Arduini
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche