David Bowie, l’artista dai tanti volti e stili
I 75 anni di David Bowie, artista dai mille volti! Nella sua lunga carriera mescolò generi ed identità sessuali facendo del cambiamento la cifra fondamentale della propria produzione.
David Bowie, l’artista dai tanti volti e stili
I 75 anni di David Bowie, artista dai mille volti! Nella sua lunga carriera mescolò generi ed identità sessuali facendo del cambiamento la cifra fondamentale della propria produzione.
David Bowie, l’artista dai tanti volti e stili
I 75 anni di David Bowie, artista dai mille volti! Nella sua lunga carriera mescolò generi ed identità sessuali facendo del cambiamento la cifra fondamentale della propria produzione.
I 75 anni di David Bowie, artista dai mille volti! Nella sua lunga carriera mescolò generi ed identità sessuali facendo del cambiamento la cifra fondamentale della propria produzione.
In molti sono rimasti sorpresi quando, alla fine del novembre scorso, nei negozi di dischi di tutto il mondo è apparso un nuovo album di David Bowie. E non uno qualsiasi, a dirla tutta. Perché “Toy”, questo il suo nome, era considerato da molti un album perduto dopo che nel 2000 la Emi si era rifiutata di pubblicarlo in quanto, a detta sua, non all’altezza dei lavori precedenti. Il cuore di quel progetto avrebbe dovuto essere la riproposizione con la super band dell’epoca di una manciata di canzoni scritte da Bowie all’inizio della sua carriera, fra il 1964 e il 1971, quando ancora non aveva trovato la sua strada – dimenandosi da un gruppo all’altro – e la critica faceva fatica a inquadrarlo.
E dire che David le idee le aveva avute chiare fin da giovanissimo quando, alla domanda di un insegnante su cosa avesse voluto fare da grande, aveva risposto «L’Elvis britannico», fulminato qualche anno prima dalla visione della cugina che si dimenava sulle note di “Hound Dog”. Da lì gli ascolti di Fats Domino e del rhythm and blues, la passione per il sassofono e la contaminazione jazz grazie al fratellastro Terry Burns, che lo plasmarono sempre di più ampliando il suo amore per l’arte a 360 gradi.
Non stupisce più di tanto quindi che una tale personalità abbia potuto incontrare delle difficoltà nel sintetizzare la propria visione artistica, dandole forma. In suo soccorso arrivò il primo dei suoi alter ego: Ziggy Stardust, nato dalle stelle a seguito dell’abbandono del folk – che pure gli aveva dato il primo grande successo con “Space Oddity” – per finire nelle braccia del glam rock, di cui fu tra i più grandi interpreti e maestri. In questo periodo accompagnato dagli Spiders From Mars scrisse brani leggendari come “Starman”, “Rock ‘n’ Roll Suicide” e “Life on Mars?”, dando vita a spettacoli in cui fondeva musica e teatro come mai prima di allora era stato fatto, giocando sempre di più a mescolare generi e identità sessuali.
Ma non poteva durare. Bowie uccise Ziggy il 3 luglio del 1973 nell’ultimo show nei panni del suo alter ego. Da lì in poi la sua carriera prese definitivamente il volo fra alti e bassi: dalle dichiarazioni apparentemente filonaziste del 1975 all’abuso di droghe, fino alla svolta sperimentale della leggendaria trilogia berlinese di fine anni Settanta, preludio alla definitiva rinascita. E benché non si sia mai interessato alla politica – tanto da rifiutare addirittura la nomina a Cavaliere dell’Ordine dell’Impero britannico – fu proprio nei primi anni Ottanta che la sua musica si fece sempre più attenta a temi sociali, con brani del calibro di “It’s no game (part 1)” in cui constatava, quasi profetico, la fine degli ideali e il falso trionfo del mondo dei mass media.
La sua produzione annovera in tutto 27 album in studio, uno diverso dall’altro, l’ultimo capolavoro dei quali fu pubblicato solo due giorni prima della sua morte: “Blackstar”. In questo disco, che per tematiche e valore è senza dubbio un testamento artistico, Bowie riesce ancora una volta a dare una diversa immagine di sé. E anche oggi che avrebbe avuto 75 anni è difficile dire chi sia stato o non sia stato veramente.
di Federico Arduini